#Francia, la rimonta di #Mélenchon

Dall’incerto clima che si respira intorno alle presidenziali francesi, l’unica certezza è che se la Sinistra si fosse presentata unita, l’Eliseo sarebbe a portata di mano. Il testa a testa tra Emmanuel Macron, ex-ministro di Hollande candidato indipendente col suo movimento En Marche!, e Marine le Pen, leader del Front National, non sembra invece più così scontato.

Benché i due continuino a piazzarsi al primo e secondo posto, rispettivamente con il 23% e il 22% dei consensi, l’ultimo sondaggio Ifop-Fiducial di poche ore fa pubblicato dal settimanale Paris-Match registra un trend discendente per i due principali competitor (-2% rispetto alla scorsa settimana), mentre segna un +0,5% per Jean-Luc Melenchon, il candidato della sinistra radicale, che arriverebbe terzo con il 19,5%. François Fillon, leader del centrodestra, arriverebbe quarto, con il 19%. Il margine di errore massimo dell’ultima rilevazione, condotta su un campione di 1851 elettori, è del 2,2%, a dimostrazione dell’incertezza dello scenario.

Tuttavia, Macron, considerato l’avversario ideale della populista incallita, sta perdendo consensi dopo l’ultimo dibattito TV fra i candidati; Fillon e Benoît Hamon, il candidato socialista, sono in caduta libera, mentre l’unica che continua lentamente ad aumentare i propri consensi contro ogni pronostico è proprio Mélenchon, l’underdog della situazione.

Nato a Tangeri da genitori francesi, Mélenchon, storicamente legato al Front de Gauche, ha 65 anni ed è il fondatore del movimento La France insoumise, lista nata un anno fa per supportarlo alle presidenziali. Nonostante la sua età lo ponga decisamente al di fuori della fascia d’età dei “nativi digitali“, l’uso estensivo delle nuove tecnologie lo ha reso molto popolare tra i giovani, che infatti rappresentano la base della sua volata nei sondaggi.

A livello di personalità, Mélenchon ricorda per certi versi l’ex presidente uruguaiano José Mujica: in un tweet ha annunciato di non voler risiedere all’Eliseo in caso di elezione, ma che in ogni caso si farebbe carico delle bollette del palazzo presidenziale. Una sobrietà paragonabile a quella dell’ex presidente della repubblica uruguaiana, diventato un simbolo internazionale di semplicità e parsimonia soprattutto perché durante il suo mandato ha percepito uno stipendio mensile di €800 euro.

Diverse le innovazioni introdotte poi nella comunicazione politica: lo scorso febbraio a Parigi ha rivoluzionato il modo di fare politica, implementando la tecnica dell’ologramma ai comizi, riscuotendo un successo tale da farlo riproporre in altre città.

Uno dei suoi pregi è indubbiamente la capacità oratoria, che di certo non manca ai suoi principali rivali, ma che dà fiducia a dei cittadini alla disperata ricerca di una sinistra valida. Il partito socialista infatti è in caduta libera, il governo Hollande verrà ricordato più per i disastri combinati che per le buone manovre mai effettuate; inoltre le tensioni interne non aiutano affatto. L’implicito endorsement a Macron da parte di Hollande è il simbolo di un partito disgregato, diviso e confuso. E intanto Hamon piomba al 7%.

Tuttavia, gli esperti prevedono una fase di marasma nel caso in cui dovesse compiersi la clamorosa rimonta del candidato di France Insoumise: i mercati non sopporterebbero un ballottaggio fra lui e Marine Le Pen, un radicale contro una radicale, né tanto meno una loro vittoria.

A differenza della Le Pen, però, Mélenchon ha dichiarato di non voler abbandonare l’Europa: “Non sono io la minaccia, non sono io ad aver provocato la Brexit o le spinte nazionaliste. La mia posizione è rinegoziare i Trattati per favorire l’armonizzazione dei diritti sociali, quella dei sistemi fiscali e cambiare lo statuto della Bce, allargandone il ruolo alla difesa dell’occupazione“. Attaccando l’Europa a direzione tedesca: “Basta ripetere che non si può cambiare nulla, lasciando i popoli crepare come si fa in Grecia. Mi spiace, Merkel e Schaeuble non sono dei bravi amministratori dell’euro: la moneta unica deve tornare al servizio dei popoli”.

Il suo programma non sembra poi così estremista: “Io non propongo la socializzazione di tutti gli strumenti di produzione o l’eguaglianza dei salari. Voglio rilanciare l’economia francese con l’ecologia: 100 miliardi d’investimenti sociali e ambientali. E’ una posizione simile a quella del Partito socialista, di cui facevo parte, fino a qualche anno fa“. Sul protezionismo invece sfida la Le Pen, dichiarando di volere un “protezionismo solidale” per proteggere i settori produttivi vitali della Francia e assicurare i diritti dei lavoratori contro gli effetti distorsivi generati in questi anni dalla globalizzazione.

Se è vero quindi che il pericolo numero uno si chiama Marine Le Pen, allora è meglio affidarsi a chi intende aiutare i più deboli senza sobillare il popolo, né continuando a insistere con le solite ricette economiche come farebbe Macron. Mélenchon, alla fine, è tutto quello che resta di sinistra in un Paese saturo d’odio e intessuto di paura.