Perché ancora Enrico Berlinguer? Non era un mito giovanile di quelli che andavano per la maggiore, per i miei amici molto a sinistra era uno che stava troppo a destra, mentre per i miei amici di destra era “una brava persona ma troppo comunista“. Dovrei essermene disamorato da un pezzo, se è vero che i miti dei 20 anni si perdono per strada quando si cominciano a intravedere i trenta.
Eppure così non è. Di fronte allo squallore della politica attuale, rileggere Enrico Berlinguer mi provoca due sentimenti contrastanti: una ventata d’aria fresca per il mio cervello atrofizzato dalle piccinerie a cui ci hanno abituato questi politicanti improvvisati da strapazzo, incapaci finanche di pensieri compiuti, quindi figuriamoci di “pensieri lunghi“; dall’altra un’estrema sensazione di vuoto.
Qualcuno negli anni ha accusato me e quelli come me di essere nostalgici, ma la nostra non è nostalgia, perché non si può avere nostalgia di qualcosa che non si è vissuto: ricordare una persona come Enrico Berlinguer che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per un ideale e che è morto onorando fino in fondo quella scelta di vita è una necessità.
Per continuare a credere che la politica sia una cosa bella e che è vero che si può dare tutto senza chiedere in cambio nulla ed essere felici lo stesso. Una volta Aldo Giordano, comunista napoletano rimasto tale fino alla morte, mi disse che lui era diventato comunista perché aveva capito di non poter essere felice se a fianco a lui c’era qualcuno che soffriva. Ecco l’essenza dello stile di Enrico Berlinguer.
Era il 16 febbraio 2009 quando fondai enricoberlinguer.it, totalmente per caso. Sono passati 9 anni.
Quando iniziai, due anni prima, a raccogliere materiale su Enrico Berlinguer su di lui non c’era praticamente niente: oggi non solo abbondano le piazze, ma c’è una web-community che supera il mezzo milione di persone, un terzo sotto i trent’anni. In occasione del trentennale della morte qualcuno su “il Manifesto” scrisse che avevamo reso “pop” uno che pop non era mai stato. Non affidateci meriti che non abbiamo: Berlinguer semplicemente continua a risultare così estremamente attuale, popolare e amato perché dopo di lui nessuno ha saputo interpretare così profondamente i pensieri e i bisogni di un popolo, che oggi è disperso, sfiduciato e non ha alcuna prospettiva di cambiamento.
L’idea di società socialista di Berlinguer, quella che “rispettasse tutte le libertà tranne quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani“, sarà stata anche imperfetta, ma almeno era un’idea di società. Se oggi siamo ancora qui a parlarne, se il fascino per quella diversità che lui ha così ostinatamente difeso conquista così tanti giovani, significa che Enrico Berlinguer, da morto, è molto più vivo dei tanti che negli ultimi trentaquattro anni hanno tentato, invano, di seppellirlo e cancellarlo dalla storia.
Diceva Norberto Bobbio che «il politico di sinistra deve essere in qualche modo ispirato da ideali, mentre il politico di destra basta che sia ispirato da interessi: ecco la differenza.” Oggi non si vede la differenza tra Destra e Sinistra perché chi si è definito di Sinistra è ispirato solo da interessi e, per citare Josè Saramago, «non ha la benché minima schifosa idea di come cambiare il mondo».
Dopo anni a leggere e ad ascoltare le parole di Enrico Berlinguer mi sono convinto che una delle ragioni per le quali noi ne subiamo ancora il fascino e arriviamo a sentirne il bisogno anche se non lo abbiamo mai vissuto è dovuto al fatto che quando parlava non cercava di farti la lezioncina, come fanno i politici di oggi. Spiegava le sue ragioni, non parlava complicato, si capiva subito tutto quello che diceva, eppure diceva cose pesanti, che facevano riflettere, che lasciavano un segno. Quando Berlinguer parlava eri felice perché sentivi di far parte di una comunità che il mondo lo voleva cambiare per davvero.
Se la Sinistra vuole tornare a riempire se stessa di significato, forse deve ripartire proprio da lì. Nel frattempo, fatevi un regalo: di questi tempi, rileggetevi Enrico Berlinguer.