“Bisogna pensare ad un nuovo modello di società che risponda alla sete di giustizia di tutti gli uomini” (Ermanno Olmi)
Addio Ermanno. Queste parole sono scritte per salutarti, ma ancor di più per ringraziarti. E il nostro ringraziamento vogliamo dimostrartelo attraverso le tue parole, con le quali hai acceso luci di verità lungo strade buie, cosi come le immagini dei tuoi film illuminavano di umanità le sale dei cinema.
La grande differenza è tra disciplina ed educazione: la prima prescrive il rispetto delle regole, è la religione che sottoscriviamo, alla base delle più grandi tragedie dell’umanità; la seconda prevede non il rispetto delle regole, ma dell’uomo.
Alla base dell’educazione e della civiltà vi deve essere il rispetto dell’uomo. Rispetto che tu hai mostrato verso tutti, verso gli umili, dimenticati da una società che sa vedere solo il bianco e il nero ma non le sfumature di uomini e donne che affrontano la vita e le difficoltà quotidiane. Uomini e donne, protagonisti dei tuoi film, la cui ricchezza era il carico di umanità che trasmettevano.
Sui monumenti che ancora oggi ritraggono gli alti comandanti, bisognerebbe scrivere sotto: ‘criminale di guerra’.
Con il tuo ultimo film, Torneranno i prati, hai rappresentato la morte e il sacrificio di tanti uomini durante la Prima guerra mondiale. Morti sacrificati durante ogni guerra. Ogni inutile guerra. Morti sacrificati agli altari di non si sa chi.
C’è bisogno di un altro modello di sviluppo. La nostra crisi ci pone nelle condizioni di ricominciare daccapo, con una proposta alternativa. Non più il consumo inutile ma il consumo necessario. La proposta più seria oggi è praticare la povertà come virtù.
Un nuovo modello di sviluppo. Che non sia quello del consumismo a tutti i costi, che non faccia del lavoro lo scopo di una vita. Ci hai accompagnato a porci una domanda: qual è lo scopo della nostra vita? Produrre di più o vivere?
Addio Ermanno. E grazie.