Il discorso del Presidente della Repubblica, in un Paese normale, sarebbe un discorso di buon senso. Poiché non siamo un Paese normale, le schiere di trinariciuti di partito (cfr Guareschi) urlano al golpe istituzionale, un certo somaro di nostra conoscenza, che in curriculum vanta una partecipazione televisiva in cui dichiarava di essere un “nullafacente”, addirittura afferma che sarebbe sotto l’influenza di non si sa bene quali poteri forti e Luigi Di Maio lo accusa di aver fatto fallire il “Governo del Cambiamento”.
Eppure, se si analizzassero i fatti con una certa onestà intellettuale, tutti vedrebbero come a non volere alcun governo siano stati proprio Salvini e Di Maio, che più che gli statisti di una fantomatica Terza Repubblica sembrano i bimbi capricciosi della Repubblica dell’Asilo o della Terza elementare (ad esser generosi), con Sergio Mattarella a far da balia.
Quando tre settimane fa il Capo dello Stato annunciava un “governo neutrale” per traghettare l’Italia verso le elezioni, i due leader hanno chiesto tempo per un “contratto” (nei vari incontri segreti nessuno ci aveva mai pensato?), tempo che gli è stato concesso; si sono messi d’accordo su un compitino da terza elementare dove la lotta alla mafia, ad esempio, era ridotta a otto righe otto, che al confronto i pensieri degli studenti per Falcone a Palermo dello scorso 23 maggio sono la Divina Commedia; hanno proposto uno sconosciuto come Presidente del Consiglio, con cv truccato (va di moda) e nonostante questo gli è stato assegnato l’incarico, con un’unica condizione: non presentare al ministero dell’Economia un esponente apertamente anti-euro e contro l’Unione Europea. Risultato?
Hanno proposto un altro sconosciuto noto soprattutto negli ultimi anni per le sue posizioni anti-euro e conto l’Unione Europea, proposta che da sola venerdì ha portato alla sospensione per eccesso di ribasso di alcuni titoli di banche italiane con in portafoglio alti quantitativi di btp, causa spread tornato alle stelle.
Questo significa che bisogna accettare l’Unione Europa, la sua politica monetaria, i suoi diktat indecenti? Nossignore: ma poiché viviamo in un determinato sistema economico (che vogliamo cambiare veramente, almeno noi), i cui capricci hanno conseguenze anzitutto sulla povera gente, servirebbe prudenza e una strategia squisitamente politica, questa sì da statista: essere “duri e inflessibili”, alzando la voce, nelle sedi che contano, non sui giornali, non in piazza, come hanno fatto tutti i leader populisti degli ultimi 15 anni (tra cui Matteo Renzi).
La Politica è un’arte complessa e bisogna saperla fare: i grillini, facendosi fregare platealmente da Salvini seguendolo sul nome di Savona, hanno dimostrato per l’ennesima volta di essere dei dilettanti allo sbaraglio. Il dramma qual è? Che i responsabili delle macerie attuali finiranno per giganteggiare (vedi Berlusconi), a causa di questa superficialità nella conduzione di una partita politica decisiva per il Paese.
Per quanto riguarda invece le prerogative del Presidente della Repubblica, la Storia, anche recente (vedi Gratteri ai tempi di Renzi) è costellata da situazioni del genere, solo che la responsabilità e lo spessore politico dei leader di un tempo evitava di portare in piazza scontri anche accesi con i presidenti in carica (basti pensare che ai tempi di Pertini si arrivò a parlare di “Repubblica pertiniana”). Non si chiede ai grillini e ai loro seguaci di studiare, ma almeno di leggere: il fatto che molti di loro non fossero ancora nati, ad esempio, quando nel 1993 Scalfaro cassava Romano Prodi presidente del Consiglio scelto quasi all’unanimità dai partiti per nominare invece Ciampi, non è una scusante.
La Politica è una cosa seria, non è questo teatrino assurdo. Per fortuna Sergio Mattarella questo lo sa. Bertolt Brecht diceva “Beati quei Paesi che non hanno bisogno di eroi”. Beati anche quelli che non hanno bisogno di una figura di garanzia per vedere all’opera la Politica, quella alta, quella seria.