Avevo voluto aspettare a commentare a caldo quel film che ne raccontava gli ultimi sette giorni di vita. “Sulla Mia Pelle“, un capolavoro senza sconti per Stefano, nudo, crudo. “In questo film vedrete Stefano“, ha detto giovedì scorso a una platea già di per sé emozionata all’Anteo di Milano la sorella Ilaria.
E Stefano lo abbiamo visto, magistralmente interpretato da Alessandro Borghi e diretto da Alessio Cremonini. Il film non emette sentenze, quelle spettano alla magistratura, che nel primo processo ha sentenziato che per la morte di Stefano non c’erano colpevoli. Mette in fila quei fatti che per chi come me aveva 20 anni allora e rimase stravolto da quella foto poi diventata virale del corpo martoriato di Stefano erano già chiarissimi. Per chi non ha mai dubitato un attimo di quel che fosse successo, la sentenza del primo processo era una vergogna per lo Stato italiano.
Questo nuovo processo, il muro dell’omertà finalmente abbattuto dalle parole di uno degli imputati oggi in udienza, non cancella quella vergogna. Non può cancellarla. Perché un libero cittadino che sbaglia non può essere preso in custodia per accertamenti e restituito morto alla famiglia.
Pensavo fosse retorica quando chi aveva visto il film prima di me diceva “è successo anche sulla mia pelle“, ma non è così. E’ vero, è successo sulla pelle di TUTTI perché quella vergogna non l’ha subita solo Stefano, ma molti altri, e può accadere a chiunque di noi, se non sarà fatta giustizia, se non si deciderà a riformare un sistema che non funziona.
Quando finisci di vedere il film rimani straziato e interdetto. Non hai voglia di parlare, non hai voglia di dire niente. Evapora tutto, resta solo il dolore. Molti piangono, perché quel dolore entra nelle vene e lascia senza fiato. Così come lascia senza fiato la forza di Ilaria, la sua determinazione, la sua ostinata ricerca della verità e della giustizia. Che con una voce rotta dall’emozione si appella alla platea: “Non smettete mai di indignarvi“.