A sette anni dalla morte, ripubblichiamo questo ricordo di Lucio Dalla scritto cinque anni fa su questo blog da Federico Cimini.
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Una grande umanità. È questo il primo ricordo che mi viene in mente, flash, di Lucio Dalla.
Un pilastro della musica italiana. Un maestro per tutti. Per forza. Perché se sei cantautore, non puoi non aver preso qualche idea, pure inconsciamente, dalla sua musica. Uno stornellatore italiano, che è riuscito a far fondere la tradizione popolare italiana, con la musica leggera, per tutti, unendo elementi tipici della musica folkloristica, le melodie e i ritmi semplici e scanzonati, con suoni appartenenti al pop, senza essere rinchiuso in un genere particolare ma toccando, in vari punti, molti aspetti della musica italiana.
E poi la sua ironia, le parole poetiche e profetiche. Un messaggio positivo. Emozioni che restano.
Mentre scrivo sono in viaggio, e in radio passano qualche suo brano (per ricordarlo o forse per cogliere la palla al balzo e avere qualche ascolto in più): mi sono soffermato ad ascoltare “L’anno che verrà”, facendo attenzione al testo. Sarà che ogni anno, a Capodanno, te la iniettano talmente tanto al punto di odiarla o, comunque, di non riuscire ad ascoltarla come si dovrebbe ma, per la prima volta, ho capito il vero significato di quella canzone: una grande illusione. L’illusione che ti propinano ogni anno, promettendoti che arriverà un periodo speciale, che passeranno crisi, che ci saranno grandi cambiamenti, di prepararci perchè tutto andrà, finalmente, per il meglio. L’autore che scrive ad un amico tutte queste idee e parole piene di vita, di fiducia e di certezza, consapevole, però, del fatto che sono tutte prese in giro. Prese in giro a cui bisogna aggrapparsi, “per poter riderci sopra, per continuare a sperare”. Il racconto di un’illusione. Di come il sistema riesce a prendersi gioco di noi. E di noi, che siamo talmente a terra che dobbiamo almeno far finta di crederci.
Chissà perchè in TV usano certe perle di saggezza con questa superficialità, spacciandocele come cose comuni, e poi ci vomitano certe schifezze, spacciandocele per perle di saggezza.
Se sei cantautore, “emergente”, e vivi a Bologna, non potevi non tener conto di Lucio Dalla. Magari per spedirgli un tuo demo, oppure avere la speranza di incontrarlo per strada, per parlargli e spiegargli quello che fai, per avere un aiuto.
Nell’ambiente musicale bolognese si sapeva: lui, potendo, aiutava tutti. Esistono numerose testimonianze di musicisti che sono riusciti a contattarlo e hanno ottenuto una collaborazione, qualche consiglio, o il semplice interesse (sempre concreto) da parte sua. Esistono, addirittura, testimonianze da parte di gruppi che si esibivano sotto il portone di casa sua, o suonavano al campanello di via d’Azeglio con la speranza di trovarlo in casa, e che alla fine sono riusciti ad incidere un cd in cui era presente anche lui, al clarinetto e facendo qualche coro.
Sembra una cosa da niente, ma per i gruppi e per i cantautori emergenti è davvero tanto: di fronte alle misere scuse di chissà quante etichette discografiche, grandi e piccole, pronte a chiudere la porta in faccia senza nemmeno aver ascoltato il prodotto, fare un cd con l’aiuto disinteressato di Dalla è un gesto immenso, di quelli che non si possono dimenticare e di cui bisogna tenerne per forza conto nel momento in cui si ricorda una persona come lui.
Con la sua morte ognuno ha perso qualcosa: i musicisti hanno perso un maestro, un punto di forza della migliore tradizione italiana, un pezzo di storia; la gente ha perso un Artista,uno di quelli che davvero possono essere definiti così, perchè nel corso di tutta la sua carriera ci ha regalato tanto.
Ma, fortunatamente, quando muore un artista, non muore la sua arte.