Marta Cartabia, classe 1963, è la nuova Presidente della Corte Costituzionale. Nel Paese in cui si oltraggia come se niente fosse la memoria di Nilde Iotti, partigiana, madre costituente, deputata comunista e prima donna a presiedere la Camera dei Deputati, l’altra faccia della medaglia è che appena una donna ricopre un ruolo di responsabilità diventa subito l’idolo progressista di certa parte della Sinistra italiana. Anche quando di progressista non ha nulla, come in questo caso.
Già in pole position per diventare la prima premier donna dopo la crisi d’agosto, scatenando le ire del movimento lgbt contro Nicola Zingaretti e il PD, la Cartabia è dai tempi del liceo una militante di “Comunione e Liberazione“, tanto che quando fu nominata giudice costituzionale nel 2011 un quotidiano come La Stampa, in un articolo del 3 settembre 2011 a firma Paolo Festuccia, sottolineò come fosse stata determinante per la sua nomina proprio l’adesione al movimento fondato da don Giussani, al fine di rispettare “il pluralismo ideale e culturale del Paese“.
Appena tre anni fa, Repubblica la dipingeva come «campioncina della cielle classica», mentre è del 28 giugno 2011 l’articolo, a firma della stessa Cartabia, in cui la giudice si schiera apertamente contro il matrimonio egualitario e le adozioni per le persone dello stesso sesso, censurando la svolta liberal dello Stato di New York, ai tempi della presidenza Obama.
Esordendo con un “chi scrive non esulta di fronte a questa decisione“, la Cartabia dice in sostanza le stesse cose di un Pillon o un Adinolfi qualsiasi, ma in giuridichese, lanciandosi poi in una profezia degna del miglior Fassino:
“Giuridicamente parlando, la decisione dello stato di New York vale solo entro i suoi confini: oggi già alcuni (pochi) stati americani ed europei riconoscono il matrimonio omosessuale, mentre la maggior parte riserva il matrimonio alle coppie eterosessuali, e così continuerà ad essere”.
Spoiler: otto anni dopo il matrimonio egualitario è legge in tutti gli USA e in 15 dei 28 stati che attualmente compongono l’Unione Europea. In altri 11, come l’Italia, esistono invece forme di riconoscimento come le unioni civili o istituti simili. A proposito delle discriminazioni nei confronti degli omosessuali, affermava nello stesso articolo “non ogni differenziazione è discriminazione. Mantenere su un piano distinto il matrimonio e la famiglia rispetto ad altre forme di convivenza è discriminare o operare distinzioni?”
Sui diritti civili, invece ha affermato che “I cd. “nuovi diritti” si alimentano di una concezione in cui l’uomo è ridotto a pura capacità di autodeterminazione, volontà e libera scelta“. Anche se il meglio di sé lo ha dato commentando il caso di Eluana Englaro, affermando “il diritto all’autodeterminazione del soggetto incapace: un ossimoro, se non fosse affermato dalla Suprema Corte di cassazione.”
Anche contro l’aborto, la nuova Presidente della Corte Costituzionale non si è risparmiata, mostrando una visione molto vicina a quella dei reazionari cattolici della peggior risma: “È così che si arriva persino ad affermare il “diritto a non nascere” o il “diritto a darsi la morte”, il cui effetto è la negazione del soggetto stesso”. Il climax viene raggiunto quando scrive sempre nello stesso articolo che “fuori da una concezione creaturale in cui l’uomo è diretto rapporto con l’infinito, non si dà dignità umana e i diritti, anziché costituire la massima valorizzazione della persona, aprono la strada al suo annientamento“.
Ora, di grazia, di fronte a questo concentrato di reazione e conservazione, a Sinistra di cosa dovremmo essere felici? Ma soprattutto: le donne di cosa dovrebbero essere felici? Per i prossimi 9 mesi la Corte Costituzionale avrà come Presidente una rappresentante della parte più retriva e reazionaria del nostro Paese.
Voi esultate pure, io, per coerenza con i miei principi e ideali, non ci penso proprio.