Giulio, sono già 4 anni

Io so, ma non ho le prove, scriveva Pier Paolo Pasolini. Sono passati quattro anni da quando sei stato rapito ma ancora non abbiamo avuto tutta la verità e tanto meno giustizia. Ti hanno torturato e ucciso, poi i responsabili hanno messo in piedi l’antica pratica (molto nota in Italia) dei depistaggi connessi alla diffamazione della vittima, tipici dei regimi corrotti o mafiosi: se eri stato torturato la colpa, alla fine, era un po’ tua che non eri lì a fare ricerca per il dottorato ma la spia britannica.

Sei stato scaricato da un’Università come quella di Cambridge che ha dimostrato un tasso di omertà come non se ne trova più nemmeno nelle storiche enclave di Cosa nostra in Sicilia e in Italia sono passati 4 governi in 4 anni ma resta su tutte un’unica cosa: la fuffa, vale a dire la retorica della lacrima di Stato, anche questa ben nota, dato che si ripropone a reti ed edicole unificate per Giovanni Falcone ogni 23 maggio.

Vola il tempo: sembrava ieri quando scoprii che avevamo in comune una grande passione per Enrico Berlinguer, per la Politica, quella vera, quella con la P maiuscola, nonché per la ricerca sociale non finalizzata a se stessa ma alla lotta per una società diversa, una società migliore. 

Tre anni fa con #cartabianca sono venuto a Fiumicello, dove sei nato, e mai potrò dimenticare lo sguardo di tua madre ma soprattutto quello di tuo padre. Li ho incontrati in un bar e sono rimasto in disparte in silenzio finché Bianca mi ha fatto cenno di avvicinarmi, ché i tuoi vedendomi lì zitto pensavano fossi un giornalista della concorrenza pronto a captare la più piccola parola per fare qualche scoop. Dopo la trasmissione siamo andati a cena nel tuo posto preferito e se non fosse stato per tua sorella che mi ha chiesto cosa facessi nella vita, sarei rimasto zitto tutto il tempo. Mi sentivo un abusivo.

Sopra la mensola della mia scrivania ho tre candele, sono quelle delle tre fiaccolate, una a Fiumicello, due a Milano. Stasera torno in piazza con la quarta. Hanno tentato di cancellarti togliendoti dignità e fierezza ma da quattro anni siamo sempre qui e siamo sempre di più

Perché sei diventato qualcosa di più grande e potente di un ragazzo ucciso da un regime. Sei diventato un simbolo di quella lotta per una “società che non sia un immondezzaio” (per dirla alla Berlinguer). Una società dove vengano rispettate tutte le libertà meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane.

Hai lottato e sei caduto, credendo in quegli ideali. Ti hanno ucciso ma non si sono accorti che eri un seme e continui a essere la linfa della nostra lotta. Ciao Giulio.