La Storia è piena di appellativi che identificavano la statura morale e la grandezza politica dei suoi protagonisti, da Alessandro Magno a Lorenzo il Magnifico. In Italia dall’età giolittiana ad oggi non si è fatta eccezione, benché i più noti siano stati coniati per sottolineare semmai le caratteristiche negative del personaggio in questione (basti pensare a Belzebù per Andreotti, fino alle ben meno altisonanti storpiature dei cognomi degli ultimi 10 anni).
Ben lungi dal metterla in paragone ad Alessandro Magno o a Lorenzo il Magnifico (non perché si possa montare la testa, ma semplicemente per non scandalizzare i Fusaro affini), vista l’impresa straordinaria raggiunta in Emilia-Romagna, si può tranquillamente iniziare a usare per Elly Schlein (si legge shlàin) quello di “Elly la Grande“.
Oggi tutti ne parlano per il delicato momento del coming out in diretta tv da Daria Bignardi, nella trasmissione della quale Elly ha risposto per la prima volta a una domanda personale rivelando di aver amato sia uomini che donne e che ora è felice con un’altra donna, che le sta “fianco a fianco“. In un paese civile e normale dovrebbe essere altrettanto pacifico che una persona dica in pubblico di avere una relazione con un’altra persona, quale che sia il sesso non dovrebbe importare. Siccome siamo in Italia, con parlamentari che invocano le quote rosa-azzurre per il prossimo Sanremo, ovviamente una notizia del genere diventa la più cliccata della giornata.
Ma la “grandezza” di Elly, che il País ha definito «la nuova stella della sinistra italiana», sta anzitutto nella capacità di dimostrare a chi se lo era dimenticato ed è decisamente più anziano di lei che “la sinistra non vive e non vince senza valori ideali“, come diceva Enrico Berlinguer, e che non serve rincorrere la destra su temi giudicati “elettoralmente problematici“, come quello dell’immigrazione, basta tornare “casa per casa, strada per strada“, spiegando le proprie ragioni senza alcun senso di superiorità verso l’elettore medio (che in genere se vota per te è intelligente, se non lo fa non merita il diritto di voto).
Cosa ancora più importante: non ci si improvvisa politici e per svolgere questo compito bisogna “studiare, studiare, studiare“. Era una gioia per le orecchie sentirla parlare fluentemente inglese a Bruxelles e con disinvoltura trattare dei temi più disparati, confrontandosi con altri deputati, avendo ben presente di cosa si stesse parlando.
La sua nomina a vicepresidente dell’Emilia-Romagna è quindi una buona notizia per i suoi cittadini, che in massa l’hanno votata, portandola ad avere il miglior risultato elettorale della competizione con oltre 22mila preferenze, non solo per la sua indiscutibile capacità politica di aggregare tanti “orfani e figli unici” di un’idea di società diversa, ma soprattutto per la sua credibilità politica, costruita in 5 anni di intenso lavoro da europarlamentare con indiscutibili successi che solo recentemente qualcuno le ha finalmente riconosciuto.
Cosa di cui si sono accorti in pochi, anche per via della sonnacchiosa stampa “progressista” che ci ritroviamo, sempre un passo indietro rispetto alle notizie che contano davvero (ma sempre in prima fila a pubblicare il video del gossip di turno nella famosa “colonnina destra” del proprio sito, vetrina del trash da far quasi impallidire Dagospia).
Ogni settimana tornava da Bruxelles (che non ha mai praticamente visto nei weekend, come mi ha detto un anno e mezzo fa) e faceva comizi e incontri in lungo e in largo per la sua regione e il resto d’Italia, mantenendo il rapporto con l’elettorato. Ha sempre evitato di fare polemiche pubbliche su bagatelle da piccola politica, mentre si è sempre battuta sulle questioni che contavano davvero, mostrando una concretezza invidiabile, se paragonata alle vagonate di retorica e parole senza senso pronunciate da gente tipo Di Maio, per fare un esempio che capiamo tutti.
Il suo successo e il suo nuovo incarico, che saprà portare avanti in maniera egregia, aprono finalmente uno spiraglio per tornare a immaginare, pensare e soprattutto alimentare un nuovo alfabeto ideale della Sinistra che dia finalmente qualcosa di ben più che decente da votare ai tanti giovani che non si riconoscono più nell’attuale offerta politica. Non sarà certo una passeggiata, ma non deve e non farà tutto da sola, anche perché è capace di fare squadra e non si circonda di zelanti yesmen: alla fine soprattutto per questo si merita ampiamente il titolo di “Elly la Grande“.