Era difficile fare peggio del 2013, quando si perse l’occasione di votare Rodotà. Eppure ci sono riusciti. Col Mattarella bis i rappresentanti del popolo italiano per la seconda volta in nove anni decidono di forzare la Costituzione, dimostrando la loro totale incapacità politica. E la cosa allucinante è che nemmeno si vergognano.
Lo spettacolo offerto al Paese è stato desolante e indecente, merito anche della stampa pronta a dar eco a ogni pettegolezzo o a ingigantire ogni sciocchezza: anche la categoria dei giornalisti, oramai popolata da ultras di scuderia, ne esce con le ossa rotte.
Le continue forzature alla Costituzione
L’inizio della settimana non era iniziata del resto nel migliore dei modi. Mentre i partiti si parlavano, il Presidente del Consiglio in carica, Mario Draghi, faceva campagna per se stesso, convocando i suoi possibili successori per sondarne la disponibilità e facendo le consultazioni a Palazzo Chigi.
Qualcosa di inedito nella storia repubblicana, tanto quanto quella di un Presidente del Consiglio che viene portato al soglio quirinalizio mentre è in carica: già questo, da solo, fa capire quanto inadeguato sia Mario Draghi al ruolo cui è stato chiamato.
Ma prima del Mattarella bis, abbiamo dovuto anche assistere all’imbarazzante scena della seconda carica dello Stato che controllava le schede coi voti per se stessa, consultando compulsivamente il cellulare durante lo scrutinio. Ringraziamo il M5S che 4 anni fa, per far partire il governo con la Lega, la votò come Presidente del Senato. In un paese normale ne sarebbero state chieste le dimissioni: si continua a fare come se niente fosse.
Il clou è stato raggiunto quando finalmente sembrava ci fosse una convergenza sul nome di Elisabetta Belloni, ieri sera: la “bestia” renziana ha cominciato la sua character assasination, facendo passare una diplomatica al servizio dello Stato da 40 anni e da appena 7 mesi nominata direttrice del DIS come un pericolo per la democrazia, perché “non si manda il capo dei servizi al Quirinale“. Dimenticandosi un particolare: in Italia, per legge, il “capo dei servizi” è il Presidente del Consiglio in carica, Mario Draghi.
A quanto pare, se è lui ad andare al Quirinale va bene: se è una diplomatica di cui Renzi non poteva intestarsi il merito, no.
Il Mattarella bis si poteva evitare
La cosa veramente allucinante è che il Mattarella bis si poteva evitare. Anzi, viste le continue forzature al dettato costituzionale, si sarebbe dovuto evitare in ogni modo, come lo stesso Sergio Mattarella auspicava (seguendo la scia di alcuni suoi illustri predecessori molto più amati come Pertini e Ciampi, che rifiutarono la rielezione).
Un anno fa infatti c’era una maggioranza di centrosinistra che governava e sarebbe stata in grado tranquillamente di eleggere un Presidente della Repubblica, archiviando l’anomalia della rielezione del Capo dello Stato dopo 7 anni. Invece grazie a Matteo Renzi oggi abbiamo a Palazzo Chigi una persona che si è dimostrata più volte inadeguata al ruolo, che ha accettato solo perché gli era stato promesso il Quirinale, salvo non prevedere che la pandemia non sarebbe magicamente sparita, insieme a tutti i problemi che il Paese si porta dietro da decenni. Compresa l’instabilità politica del parlamento.
Non si salva nessuno, da destra a sinistra
Il centrodestra ne esce a pezzi, ma anche il centrosinistra non può festeggiare, come invece fanno i suoi leader su Twitter. La Meloni, spiace dirlo, risulta decisamente più coerente degli altri. Enrico Letta si è distinto solo per l’imbarazzante dichiarazione che il suo ruolo era difendere Draghi: come affossare l’immagine del suo partito in un colpo solo.
E per fermare la sua avanzata questa maggioranza è capace di consegnare al paese l’ennesima legge elettorale proporzionale che produrrà l’ennesimo governo-ammucchiata, protraendo oltre l’umana sopportazione l’anomalia della Politica diretta dall’ideologia liberista dei finti tecnici super-partes.
Intanto i problemi del Paese restano lì
Che paese è quello che prende a manganellate gli studenti che manifestano contro lo sfruttamento istituzionalizzato nel proprio percorso scolastico e non ferma gli assalti fascisti al sindacato? E che continua a considerare normale una media di oltre 300 morti al giorno?
Proprio ai Millennials e alla Generazione Z questa classe politica non offre alcuna prospettiva di futuro. E torna in mente quando detto da Enrico Berlinguer in un suo celebre discorso alla Camera del 20 febbraio 1976, pronunciato in occasione del voto di fiducia al V Governo Moro (che non la ottenne):
E certo però che siamo di fronte a un decadimento, a una perdita di autorità politica e morale dei gruppi dirigenti; e siamo di fronte al rischio che in qualche misura sia offuscato quel cardine della democrazia costituito dal sistema dei partiti, e quella conquista della Resistenza che fu la costruzione dei grandi partiti democratici di massa.
Figuratevi, era il 1976. E due anni dopo quel ceto politico, pur in decadimento, riusciva ad esprimere, al 16° scrutinio Sandro Pertini, mentre per strada le Brigate Rosse sparavano e la Sicilia iniziava ad essere il teatro della più grande mattanza del secolo.
Berlinguer quest’anno avrebbe compiuto 100 anni. I suoi presunti eredi politici non hanno nemmeno un decimo della sua statura politica e morale. Ma a leggere i loro tweet, sembrano tutti novelli De Gasperi e Togliatti.
E l’unica cosa che viene da dire, di fronte a questo spettacolo disarmante, è parafrasare il celebre incipit del 63 a.C. delle Catilinarie di Cicerone: Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Oramai la corda si è spezzata. E anche la Repubblica non sta tanto bene.