Elly Schlein è la nuova segretaria del Partito Democratico. E sinceramente si fa fatica a crederlo (non siamo abituati a vedere qualcuno di sinistra vincere in Italia).
Era il 13 febbraio di 3 anni fa. Su questo blog scrivevo un articolo di elogio (cosa capitata assai raramente da queste parti dal 2010): “Elly la Grande“. Tre anni dopo, posso solo dire: ancora più grande.
Riuscire a conquistare un partito oramai decotto, chiuso in se stesso (come ha dimostrato il voto degli iscritti) e dilaniato da lotte tra correnti che nemmeno ai tempi della Democrazia Cristiana, è di per sé una grande impresa. Considerato anche che il dibattito congressuale è stato tutto incentrato sulla c.d. “character assassination“, nello squallido tentativo di sminuirne preparazione e capacità politica (cosa che, invero, hanno già iniziato a fare i liberali alle vongole nostrani e i giornali di destra da ieri sera).
Riuscire a farlo poi a 37 anni (togliendo il record di 38 a Renzi) è ancora più straordinario, perché dà finalmente una speranza di cambiamento a tutti quelli della mia generazione da troppi anni “senza partito”, che ad ogni elezione devono lanciare la monetina nella speranza di non restare delusi nemmeno cinque minuti dopo la chiusura delle urne.
Elly Schlein segretaria, e ora?
La vittoria di Elly è anche la vittoria di un progetto ben preciso. Se riuscirà a portarlo avanti, ne guadagneranno tutti. Anzitutto quella parte di elettorato oramai disillusa e cronicamente ancorata all’astensione con cui il Partito Democratico e il centrosinistra in generale negli ultimi dieci anni hanno deciso di non avere più nulla a che fare. Sarà difficile depurare la cultura politica del PD dai frutti avvelenati del renzismo, erede del berlusconismo tanto quanto questo lo fu del craxismo.
Il timore è che il tafazzismo congenito di quelli che hanno ridotto il centrosinistra allo stato comatoso in cui si trova porti a una guerra di logoramento nei confronti di Elly. E’ presto quindi per dire “finalmente la svolta a sinistra“. Certo la vittoria di Elly Schlein dimostra che l’elettorato attivo del centrosinistra si è stancato di quel modo di fare politica che irride l’avversario, nasconde il proprio classismo dietro la parola meritocrazia, usurpa la parola “riformista” per portare avanti politiche economiche di destra, il tutto condito da un’arroganza e una pretesa di impunità tipica del craxian-berlusconismo, sdoganato da Renzi nel PD.
Fanno veramente sorridere quei commentatori “liberali” che pretendono di rappresentare la sinistra e che in un qualsiasi altro paese starebbero a destra. Ma se in Italia dai tempi di Enrico Berlinguer non abbiamo più avuto una sinistra decente ci sarà pure un motivo: 40 anni di bombardamento mediatico hanno consegnato l’egemonia culturale del Paese alla destra neofascista (che infatti vince col simbolo della Fiamma, mentre dal simbolo del PDS quello del PCI sparì nel 1998).
Normale quindi che una persona che si limiti a enunciare un programma di sinistra riformista basilare in qualsiasi altro paese europeo, nel nostro Paese venga tacciata di comunismo o peggio. Parlare di povertà, diseguaglianze, precariato, emergenza climatica, scuola e sanità pubbliche: questo è l’alfabeto ideale della Sinistra di cui abbiamo bisogno.
Nonostante l’immane tragedia di Crotone, oggi è un bel giorno per la Sinistra, non solo italiana. Ma la strada è ancora lunga e irta di ostacoli. Buon lavoro, Elly.