Ripartire da Starmer? No, grazie

Keir Starmer ha vinto le elezioni generali nel Regno Unito e sarà il prossimo primo ministro. Prevedibile quanto la sua vittoria, anche in Italia sono subito partiti da parte dei renziani mai pentiti in forza al PD i peana a favore del futuro primo ministro britannico.

Secondo costoro, la sua vittoria è la prova che le elezioni si vincerebbero con un programma “riformista” moderato. Ovviamente si tratta delle solite analisi fatte senza guardare realmente ai dati elettorali, soprattutto ai voti in termini assoluti, ignorando dalle proprie analisi il fatto che il Regno Unito ha una legge elettorale così distorsiva del voto democratico che guardare al numero di seggi ottenuti è totalmente fuorviante. Ma andiamo con ordine. 

Infografica dalla CNN

Corbyn è più vivo di Starmer

Jeremy Corbyn è stato rieletto come candidato indipendente. L’ex-leader laburista è stato isolato nel suo partito con accuse ridicole di antisemitismo, le stesse che ora subiscono tutti quelli che osano esprimere una parola di critica nei confronti di Israele. Oggi è chiaro, quando le subì lui allora molti restarono in silenzio.

Pur di lasciarlo fuori dal Parlamento britannico, il Labour ha violato ogni procedura democratica imponendo ai militanti di Islington North, lo storico collegio in cui Corbyn viene eletto dal 1983, un candidato non scelto dalla base. Risultato: Corbyn ha riconquistato il seggio staccando il candidato laburista di 15 punti e sfiorando il 50% dell’elettorato

L’atteggiamento da padrone delle ferriere del nuovo leader laburista nei confronti dei dissidenti interni al partito dice molto su come governerà. Non mi sento quindi di unirmi ai canti di giubilo dei falsi riformisti che sognano una sinistra sempre e stabilmente accoccolata nell’alveo del neoliberismo, riproponendo le solite vecchie ricette. 

Ma al di là delle qualità politiche del nuovo inquilino del numero 10 di Downing Street, ciò che smorza il mio entusiasmo sono i dati elettorali. Vediamoli. 

Altro che Starmer, merito della legge elettorale

Le ragioni di questa indiscutibile e storica vittoria del Labour sono dovute anzitutto alla legge elettorale. Nel Regno Unito i collegi sono molto piccoli, come in Francia, ma chi prende anche solo un voto in più conquista il seggio. Non c’è quindi il ballottaggio con cui i francesi decideranno il futuro del loro paese domenica. L’estrema frammentazione della politica britannica, non più bipartitica oramai dalle elezioni del 2010, fa sì che si possa conquistare un seggio anche con pochi voti di scarto, a differenza di quel che accadeva anche solo una ventina di anni fa.

Sempre per restare sui voti assoluti: Corbyn nel 2017 prese 12.874.985, pari al 40%, ma conquistò solo 262 seggi (contro il 42,3% della May, che prese 800mila voti in più e 317 seggi). Nel 2019, l’anno della sua “disfatta”, Corbyn ne prese 10.269.076, pari al 32% e 202 seggi; i Tories presero appena 300mila voti in più, ma valsero a Johnson il 43,6% e 365 seggi.

Oggi Starmer vince le elezioni col 33,8%, pari a 9.686.329 voti, ma per effetto della frammentazione partitica e della legge elettorale guadagna 212 seggi rispetto a Corbyn. Sono crollati quindi i Tories, i cui voti sono stati intercettati dai Liberali e da Farage, non i laburisti, che invece perdono ben 600mila voti in termini assoluti.

Il gran risultato dei libdem, il tracollo dei Tories

A riprova del fatto che il Labour di Starmer non abbia convinto, gran parte dei voti dei Conservatori sono finiti ai Liberal Democratici, che infatti ottengono 71 seggi, la più grande rappresentanza della loro storia.

I Tories ottengono invece il peggior risultato della storia, complice anche il fatto di aver governato 14 anni e gestito in maniera pessima la Brexit, che ha fatto sprofondare il paese in una crisi economica senza precedenti.

Basti pensare che in Irlanda del Nord il Sinn Fein, il partito indipendentista, è per la prima volta primo partito come numero di seggi, mentre in Scozia lo Scottish National Party, che aveva promosso l’indipendenza dal Regno Unito, crolla a 9 seggi, dai 46 dell’ultima tornata (più probabilmente per la crisi degli Sturgeon che governavano il partito che per un declino dell’indipendentismo scozzese). 

L’Affluenza

Infine, l’affluenza è calata del 7,6%. Presto per dirne i motivi, ma generalmente quando una vittoria è così largamente prevista come in questo caso, molti elettori degli altri partiti ritengono sia inutile andare a votare. Ma per fare ulteriori considerazioni, bisognerà aspettare l’analisi dei flussi elettorali per capire effettivamente a chi appartiene quell’astensione. 

In sintesi, lasciamo il modello UK agli inglesi

Probabilmente in Italia tanti gioirebbero se ci fosse una legge elettorale altamente distorsiva del voto democratico come quella inglese. D’altronde, anche la nostra non è da meno (grazie renziani). Così come molti gioirebbero di avere una figura alla Starmer con un programma che non disturba le classi dominanti e si limita a governare l’esistente, facendo vincere il centrosinistra per demerito degli avversari piuttosto che per meriti suoi.

Ebbene, io non sono tra quelli. Spero di sbagliarmi, ma considerato il consenso reale e il programma presentato, non credo proprio che vi sarà alcuna grande rivoluzione rispetto ai Conservatori. Forse un po’ più di decenza, quella sì. Ma non basta quella per cambiare le cose.