Ha fatto molto discutere la recente assegnazione del premio Nobel per la Pace all’Unione Europea.
Sì, avete capito bene: non al suo segretario, non a un membro ritenuto rappresentativo, ma proprio all’Unione Europea.
Secondo le disposizioni testamentarie di Alfred Bernhard Nobel, il premio deve essere assegnato
alla persona che più si sia prodigata o abbia realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace.
Quindi sì, volendo interpretare queste parole, il premio Nobel all’UE è giustificato, anche se con qualche “ma”.
– Il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, MA la decisione di ridurre la Grecia alla fame e alla disoccupazione in nome di una non meglio specificata stabilità?
– l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti, MA il moltiplicarsi di “eserciti della Pace” che invadono Paesi al fine di esportare la democrazia?
– la formazione e l’incremento di congressi per la pace, MA l’imbarazzante silenzio che avvolge la 60 anni la questione palestinese?
Forse la questione è un’altra.
Non credo qualcuno possa veramente affermare che non ci fosse nessuno che meritasse il Nobel più dell’astratta UE.
Si è avvertito il bisogno di rafforzare l’idea di Unione Europea, non solo fuori dall’Europa, ma soprattutto tra gli stessi Stati membri.
Insomma, c’era bisogno di un conforto e se lo sono dati: un po’ come darsi il cinque da soli in pubblico.