Il testo seguente fu inviato da Norberto Bobbio agli organizzatori del meeting contro la mafia svoltosi a Palermo il 3 settembre 1989, nel settimo
anniversario della strage di via Carini in cui furono trucidati il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro, e l’agente Domenico Russo.
Cari amici,
vi scrivo come un cittadino qualunque, uno dei tanti cittadini italiani, che crede nonostante tutto nella democrazia, e crede che, nonostante tutto, l’Italia sia ancora una democrazia e voglia continuare a vivere democraticamente. Vivere democraticamente, che cosa vuol dire? Vuol dire almeno queste tre cose:
1. Il potere deve essere, in tutte le forme del suo esercizio, visibile.
Chi detiene un pubblico potere in una democrazia deve esercitarlo in modo che sia controllabile da coloro cui è rivolto. Il potere democratico è responsabile di fronte ai cittadini. Ma può rispondere o può essere chiamato a rispondere soltanto se il pubblico lo può vedere. La democrazia rifugge dal potere che si mette la maschera. Nulla è più contrario alla democrazia che il potere occulto. Nulla è invece più consono alla natura del potere mafioso che l’agire nel segreto e con la maschera sul volto.
2. La caratteristica della democrazia è un insieme di regole che permettono, o dovrebbero permettere, se ben osservate e bene usate, di risolvere i conflitti sociali senza bisogno che si ricorra alla violenza di una parte verso l’altra.
In democrazia solo in casi estremi sono ammesse forme di resistenza purché non violente. Il diritto di riunione è garantito purché coloro che si riuniscono non portino armi. Il diritto di associazione è assicurato purché non si tratti di associazioni militari. Il potere della mafia invece si esercita esclusivamente con la violenza.
Chiunque abbia letto storie di mafia (e quante ne sono state scritte in questi ultimi anni!) non ha bisogno di altri commenti sulla pratica continua, sistematica, del terrore e della violenza più efferata, di cui si serve il potere mafioso per ottenere i propri scopi. Uccidere un uomo per l’uomo “d’onore” è come stracciare un pezzo di carta che quando non serve più si getta nel cestino dei rifiuti. La vita di ognuno è sempre sospesa ad una decisione imponderabile che parte dall’alto. O uccidere o essere uccisi. L’assassinio come vendetta, come affermazione di dominio irresistibile, o anche semplicemente come avvertimento.
3. La democrazia è o dovrebbe essere la forma di governo e di convivenza civile in cui, attraverso la rappresentanza politica e il voto popolare, si provvede a soddisfare gli interessi comuni e generali della collettività.
Tra questi interessi generali due sono preminenti: l’ordine pubblico e la giustizia distributiva degli oneri e dei benefici.
La presenza di un forte potere occulto e insieme violento rende impossibile il raggiungimento di questi fini. Dove impera il potere mafioso, la vita di ciascuno di noi non è più sicura e gli interessi generali sono continuamente traditi. L’interesse del gruppo violento e senza scrupoli prevale su quello della pacifica società dei cittadini che si affidano allo Stato, al potere pubblico, per avere ordine e giustizia.
Si è detto e si continua a dire: la nostra democrazia è una democrazia dimezzata, incompiuta, imperfetta. Ma se si riflette sul fenomeno della mafia, sulla sua potenza crescente e impunita, dobbiamo usare un’espressione molto più forte: la nostra democrazia è una democrazia assediata, per lo meno in alcune regioni del Mezzogiorno, e prima di tutto, bisogna dirlo senza reticenze, in Sicilia. Assediata da un nemico potente e senza scrupoli, che abbiamo lasciato crescere per cecità, o per ignoranza, o addirittura per convenienza, o per calcoli non si sa se più sbagliati o perversi. L’abbraccio della mafia alla democrazia è un abbraccio mortale.
Più del terrorismo. Il terrorista è il nemico dichiarato. Il mafioso è il nemico subdolo che cerca l’alleanza e la protezione dei poteri dello Stato. L’alleanza del terrorista con lo Stato è impossibile, perché lo stesso terrorista la rifiuta. L’alleanza del mafioso con lo Stato non solo è possibile, ma è ricercata.
Per anni si è continuato a dire: la mafia non esiste. La mafia è una invenzione dei dietrologi. Coloro che parlano di mafia sono dei calunniatori. Quando non molti anni fa fu ucciso Giuseppe Fava, lo ricordo benissimo, e la cancrena era ormai diventata purulenta, alcuni giornali uscirono con dei titoli (andateli a vedere): La mafia è ovunque, non a Catania, La città non è contaminata dalle cosche, Un delitto senza logica ecc.
Adesso non possiamo proprio più dire: non sappiamo.
Nell’atto di accusa, dei giudici di Palermo, pubblicato dagli Editori Riuniti nel 1986, si potevano leggere frasi come queste: “Le notizie fornite da… rivelano anche una realtà occulta davvero paradossale: rivelano cioè l’agghiacciante realtà che accanto all’autorità dello Stato esiste un potere più incisivo e più efficace che è quello della mafia, una mafia che agisce, che si muove, che lucra, che uccide, che perfino giudica e tutto ciò alle spalle dei pubblici poteri“. Corrado Stajano avvertiva nella introduzione che si trattava di “un romanzo nero che rattrappisce le ossa e gela il sangue“.
Pensate quante altre testimonianze di questo romanzo nero sono state pubblicate. A nessuno è più lecito dire “io non sapevo”. In documenti ufficiali il potere mafioso vi è addirittura definito come uno Stato nello Stato, anzi come uno Stato ancor più incisivo e più efficace dello Stato.
Ma come, vi sono due Stati in Italia? Che cosa ne dicono i rappresentanti di quello che dovrebbe essere l’unico vero Stato? E’ inammissibile che ci siano due Stati. Non ci può essere lo Stato visibile e quello invisibile, lo Stato lecito e quello illecito, lo Stato pubblico e lo Stato segreto, lo Stato giudice e lo Stato delinquente, lo Stato della giustizia e quello dell’ingiustizia. Se ci sono tutti e due, è segno che c’è qualcuno che tiene il proprio piede tanto nell’uno quanto nell’altro.
Sappiamo ormai benissimo che questo qualcuno c’è. Ma sappiamo ancora troppo poco chi sia e dove sia. Sappiamo ancora troppo poco perché non è facile entrare in un universo dove i rapporti umani normali sono capovolti: dove il disonore viene chiamato onore, la menzogna verità, dove la vendetta sostituisce la giustizia, dove il valore supremo è la pura potenza e l’unico criterio per distinguere ciò che è bene da ciò che è male, è la forza.
Ho detto che la nostra democrazia è assediata. E’ difficile vincere la battaglia, liberarsi dall’assedio quando il nemico è dentro le mura.
Ma non bisogna desistere. Il nemico deve essere snidato, anche se siamo convinti che il successo non è a portata di mano. Sette anni dopo l’assassinio del generale Dalla Chiesa, che cosa è veramente cambiato? Che cosa cambierà nei prossimi mesi? Si sarebbe tentati di dire, nonostante gli sforzi fatti da valorosi e coraggiosi magistrati e uomini della polizia, che le cose sono come prima. La verità è che occorre uno sforzo generale di tutta la nazione, a cominciare dai giovani.
Come uno dei tanti cittadini italiani che non si rassegna a vivere in una società senza speranze, desidero esprimere la mia solidarietà a tutte le associazioni e a tutte le persone che hanno promosso la manifestazione, a tutti coloro che per ripetere le parole del vostro manifesto hanno scelto tra “la restaurazione e la libertà”.
appunto…quando il “mostro”si annida dentro…
non siamo tutti capitani,ma preferisco lettere