Nella storia del nostro pianeta è esistito un personaggio oggi poco noto ma molto curioso. Nato a Varna (Bulgaria) da padre svizzero, poi naturalizzato statunitense, Fritz Zwicky trascorse quasi tutta la sua carriera di astrofisico al CalTech di Pasadena. Era conosciuto come big mouth (bocca larga) per le sue inopportune uscite con colleghi e studenti. I primi (quelli che gli stavano antipatici) li definiva “bastardi sferici” perché “sono bastardi da qualunque punto li si osservi” mentre ai secondi si rivolgeva spesso con un “e tu chi diavolo sei?”.
Perché vi parlo di questo strano astrofisico? Perché qualche giorno fa il premio Nobel Samuel Ting, responsabile dell’AMS (Alpha Magnetic Spectrometer), ha fatto capire che potremmo essere vicini a sapere qualcosa di più sulla materia oscura. E il padre della materia oscura è proprio Fritz Zwicky.
Le galassie (come la nostra Via Lattea) sono ammassi di stelle, sistemi, gas e polveri tenuti insieme dalla forza di gravità. Anche intuitivamente, se richiamate alla memoria un po’ di Newton (così non scomodiamo Einstein e la relatività, che pure prevede l’esistenza della materia oscura), ricorderete che la forza di gravità dipende dalla massa – come ad esempio nel sistema Terra-Sole o Terra-Luna. Quello che osservò Zwicky nel 1933 era che le galassie non avevano una massa sufficiente per stare insieme, assumendo le forme affascinati che conosciamo più o meno tutti, come quella di Andromeda (che si può vedere ad occhio nudo nel nostro emisfero). Di conseguenza ci dev’essere qualcosa che non riusciamo a vedere ma che fa da “collante gravitazionale”.
Il problema, però, è che questo collante non solo non è visibile a noi, ma non emette né assorbe in tutto lo spettro elettromagnetico, quindi non è visibile nemmeno ai raggi X, o all’infrarosso, o alle microonde o nell’ultravioletto: da qui appunto l’aggettivo “oscura”. Ma allora come sappiamo che esiste?
Ne conosciamo gli effetti. Ad esempio se il nostro occhio (o un telescopio) volesse osservare un astro e in mezzo ci fosse della materia oscura, verremmo ingannati, come se lo stessimo guardando attraverso una lente “distorta” o il fondo di un calice da vino. Quella a inizio articolo è una foto fatta dal telescopio Hubble (ormai in orbita dal 1990). Alcune di quelle lineette luminose che vedete sono effetti ottici: la materia oscura non si vede ma c’è, ed essendoci devia la luce delle stelle che gli stanno dietro (rispetto a noi che le osserviamo), le quali ci appaiono così in una posizione e con una forma diversa da quella reale.
Si ipotizza che gran parte della materia oscura sia formata dalle cosiddette particelle supersimmetriche, la cui esistenza è per ora solo teorica anche se confermata da alcuni esperimenti “indiretti”, ma ancora nessuno le ha mai osservate direttamente. Forse lo farà il Large Hadron Collider di Ginevra, probabilmente misurando delle “mancanze” di energia, poiché si tratta di particelle molto poco interattive e quindi particolarmente sfuggenti: se ci pensate, considerando che la materia oscura costituisce circa 1/4 dell’universo, essa si trova in questo momento anche fra voi e il vostro computer, o fra il PD e la Sinistra, senza che ce ne rendiamo minimamente conto.
Ma a cosa servirà questa scoperta? E a che serve l’astrofisica in generale?
Quando Zwicky frequentava il politecnico di Zurigo il suo vicino di casa (in Spiegelgasse 14) era Lenin, che in quell’anno concluse L’Imperialismo come fase suprema del Capitalismo, mentre al civico 1 della stessa via, al Cabaret Voltaire, nasceva il movimento dadaista. Ecco io non so se la scoperta della materia oscura risolverà la crisi economica, come non so se le opere di Duchamp ed Ernst abbiano risolto i problemi del primo dopoguerra o se Lenin sia solo quello della Rivoluzione d’Ottobre e non qualcosa di più. Chiedersi quale sia l’utilità pratica immediata dell’astrofisica* è come chiedersi se valga la pena tenere la Gioconda al Louvre o suonare la Toccata e Fuga di Bach.
Io penso che in quella via di Zurigo del 1916 siano nate tante storie e idee completamente diverse e che, ciascuna a modo proprio, abbiano influenzato la nostra esistenza. Per essere felici, oggi, a volte basterebbe rendersi conto che siamo fatti anche di sogni …e che siamo pure un po’ figli delle stelle, ma questo lo diceva Alan Sorrenti, mica Shakespeare.
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* L’osservazione delle stelle ha permesso teoria e sviluppo dell’energia nucleare, di cui, volenti o nolenti, stiamo usufruendo tutti.