di Pierpaolo Farina
Fortuna che doveva essere una candidatura condivisa. Il massimo che Pierluigi Bersani è riuscito a partorire questa notte è stato il nome di Romano Prodi, il due volte presidente del Consiglio mandato a casa due volte dalle sue stesse maggioranze (ricordiamo il complotto ammesso dall’ex-candidato Marini).
In questo modo il Partito Democratico spera di ritrovare l’unità, ma oramai la figuraccia l’ha fatta. E la pezza è peggio del buco. Perché votando Romano Prodi si regala un mega-spottone elettorale al Cavaliere, che potrà ricominciare ad urlare all’occupazione di tutte le cariche da parte della Sinistra.
E si consuma l’ennesimo strappo costituzionale, imponendo con una strettissima maggioranza un candidato che serve solo per tenere a bada il caos politico interno al PD. E state certi che arriverà l’anno in cui il centrodestra avrà la maggioranza per imporre un suo candidato (impresentabile) e allora ne vedremo delle belle.
Nulla da eccepire su Romano Prodi, ma c’è un piccolo problema: rappresenta solo il 30% del consenso parlamentare. L’unica candidatura condivisa, che avrebbe ottenuto oltre il 60% in Parlamento e molto di più nel paese (si pensi alla sinistra extraparlamentare) è Stefano Rodotà, per altro figura interna al centrosinistra, ma non di parte.
Unico, tra l’altro, in grado di far convergere il M5S ad un governo di scopo con il PD per fare la legge sul conflitto di interessi, cambiare la legge elettorale e far sparire una volta per tutte l’anomalia berlusconiana dalla politica italiana.
Il nostro appello a Bersani in 36 ore ha raccolto oltre 53mila firme: sarebbe anche ora che qualcuno si ponesse il problema. E invece no, sono sordi all’esterno e pensano solo al Palazzo. E in questo modo riconsegnano il Paese a Berlusconi (dopo esserci quasi riusciti con una campagna elettorale inesistente).
Grillo, che in questo mese le ha sbagliate tutte, gongola. Il Cavaliere anche. Il risultato? Il PD tornerà alle urne a giugno, senza aver combinato nulla e responsabile dello stallo politico e istituzionale del Paese. E allora non ci saranno né voti utili né Matteo Renzi che tengano: sarà la catastrofe elettorale.
E a ben vedere, se la sono solo meritata.