Siete diventati intollerabilmente odiosi per un’intera nazione; il popolo vi aveva scelto per riparare le ingiustizie, siete voi ora l’ingiustizia! Basta! Portate via la vostra chincaglieria luccicante e chiudete le porte a chiave. In nome di Dio, andatevene!
Questo è il celebre discorso di Oliver Cromwell al parlamento inglese, da cui “Il Financial Times”, due anni fa, prese spunto, per dedicare la copertina al premier Berlusconi con il famoso “Vattene in nome di Dio”.
Quell’acuto del quotidiano britannico, oggi riecheggia più che mai, scandito dalla sentenza pronunciata dalla corte d’appello di Milano, con la quale il Caimano è stato condannato ad una pena di 4 anni di reclusione (di cui 3 coperti da indulto) alla quale va aggiunta, un interdizione di 5 anni dai pubblici uffici.
A Berlusconi viene contestato di aver evaso il fisco, negli anni 2002 e 2003, per circa 7 milioni di euro, attraverso ammortamenti gonfiati dei diritti televisivi acquistati.
Il processo tra l’altro aveva subito lunghe interruzioni, fermandosi per 2 anni a causa dei due lodi Alfano, poi ritenuti incostituzionali dalla Consulta.
In primo grado i giudici avevano parlato di “un evasione fiscale notevolissima”, poiché secondo i magistrati non era “sostenibile che la società abbia subito truffe per oltre un ventennio senza neanche accorgersene” e Berlusconi era il “dominus indiscusso”,e sempre a detta dei magistrati il Cavaliere aveva dimostrato una “naturale capacità a delinquere” per perseguire “il disegno criminoso”.
Affermazioni quelle dei magistrati abbastanza chiare poi avvalorate dalla conferma avvenuta in appello. Ora però la questione è un’altra, ma la sentenza avrà valore reale o resterà nelle carte dei giudici, priva di qualsiasi valore effettivo?
La Corte Costituzionale il cui verdetto si attende in giugno, sarà tenuta a vagliare il conflitto di attribuzione tra i poteri dello stato, e potrebbe di fatto annullare il processo. Ciò invece che potrebbe velocizzare l’effettivo sviluppo della condanna o quantomeno dell’interdizione dai pubblici uffici, è la scelta dei gruppi parlamentari in tema di ineleggibilità, con la seduta della giunta delle elezioni.
La giunta di gran lunga a maggioranza Pd-5stelle può e deve invalidare la posizione di Berlusconi determinandone l’ineleggibilità, prendendo sul serio la legge 361 del 1957, secondo la quale sono ineleggibili: “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici”.
Basta visionare le carte dei giudici: “Il sistema” dei diritti tv aveva un “duplice fine”: una “imponente evasione fiscale” e la “fuoriuscita” di denaro “a favore di Silvio Berlusconi” che ”rimane al vertice della gestione dei diritti” e del meccanismo fraudolento anche “dopo la discesa in campo”, perché “non c’era un altro soggetto” a gestire il sistema di frode; per sancire l’ineleggibilità del Caimano, secondo la legge del 57’.
I diritti tv sono concessioni pubbliche, e se colui che ne è al “vertice” risiede in parlamento, risulta essere in conflitto di interessi e per questo ineleggibile.
In un Paese normale l’ineleggibilità di un soggetto politico come Berlusconi, o di un qualsiasi altro parlamentare con le sue stesse problematiche, risulterebbe scontata, eppure in Italia, anche in seguito ad una decisione della magistratura si attende la risposta della politica, che forte delle proprie immunità si guarda bene dall’applicare alla lettera la sentenza della Corte.
Allora ci si chiede, ma quanto possono essere attuali le parole di Cromwell: il popolo vi aveva scelto per riparare le ingiustizie, siete voi ora l’ingiustizia!
Un ingiustizia che dura da vent’anni, avallata da governi bipartisan, addirittura giustificata in alcuni casi, basti pensare al grande intervento di Luciano Violante. Un ingiustizia che con ogni probabilità si protrarrà ancora per molto in attesa che un giovane Cromwell rimetta le cose a posto.