In vista del centocinquantesimo anniversario dell’Unità di Italia QdS ha deciso di pubblicare ogni settimana, fino al 17 marzo -data di tale celebrazione- un articolo sul Risorgimento. Gli aspetti trattati saranno vari: dalla politica, alla storia, all’ideologia, ai retroscena di un periodo che ci ha fatto risorgere. Oggi ho scelto di cominciare questo percorso commemorativo da un ambito a me caro: quello letterario, sperando di non annoiare troppo i miei “venticinque lettori”… Auguri italiani!
Già con il Romanticismo si crea uno stretto legame tra letteratura e politica e nella disputa classico-romantica si getteranno le basi per una letteratura nuova, militante, volta ad educare gli animi e alla fondazione di una coscienza nazionale nel popolo. Si dà avvio alla ricerca di un contenuto moderno, attuale e popolare, si cerca una vox populi che sia protagonista di una letteratura sempre più aderente al vero, al furore degli animi, alla contingenza storico-politica. Si afferma così la figura dello scrittore dell’opposizione, non più celebratore del potere; immerso nella storia, nella sua storia, quella che era chiamato a costruire con gli altri, volta a suscitare le energie dello spirito. Egli esce dal hortus conclusus delle accademie e delle corti, diventa educatore della libertà, un combattente la cui spada è la parola, il cui scudo è la poesia; è un interprete e guida dell’anima nazionale.
I protagonisti sono i lettori, non esistono più elites e cerchie ristrette, tutti devono sentirsi parte di quest’organo grandioso che è la Nazione. Concretamente tale “euforia patriottica” viene propagandata più che altro dal ceto borghese che riesce a coagulare attorno a sé un lauto consenso popolare, escludendo però le masse contadine. Prima ancora che politico l’intento del poeta è pedagogico, si attua ora l’ideale alfieriano del poeta come «tribuno dei non liberi popoli», fieramente avverso al tiranno; ideale che porta lo scrittore a battersi sul campo, andare in carcere e in esilio.
Possiamo individuare tre generazioni di scrittori: la prima che risente della delusione storica di cui sono stati partecipi, nella seconda prevale un interesse per l’elaborazione ideologica e nella terza si avverte un impulso concreto, la voglia di agire. Risulta chiaro come in questo periodo la parola letteraria non sia ricercata, come non debba stupire il lettore con eventuali stravaganze o virtuosismi retorici; essa diventa veicolo di ideali politici e sociologici; l’oraziano “odi vulgus profanum” viene abbandonato a favore di un noi, di una collettività, tutta italiana.
Concludo questa breve “infarinatura” letteraria con l’inno risorgimentale per eccellenza: L’Inno di Mameli.
INNO di MAMELI
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò
Risorgimento significa rivoluzione !!!!!!!!!!!!!!
sarebbe bello… al 150° dell’Unità d’Italia… Far vedere che il popolo italiano ha ancora le palle…
…piacerebbe anche a me esporre il TRICOLORE respirando aria “pulita”!
bravo simone mi associo