Credo non esista nella storia del mondo un rapporto di causa-effetto più preciso e comprovato di quello per cui agli atti di violenza segue un periodo di repressione. Viviamo già in una società in cui al culto della “sicurezza” abbiamo sacrificato tutta la nostra vita privata: lasciamo numeri, foto e dati ovunque e ogni tanto qualche forza dell’ordine rovista nelle nostre borse senza che noi si batta ciglio. Niente è più potente della paura, niente più del terrore è in grado di sottomettere al potere di pochissimi, milioni di persone.
David Cameron, il primo ministro britannico e leader del partito conservatore, coglie al balzo la palla-ISIS, incalzato probabilmente anche dal microscopico successo elettorale dell’UKIP. Il partito dell’alcolista razzista Farage, infatti, conta oggi un rappresentante nella camera dei comuni: prevedibile visto il clima degli ultimi tempi in Europa, ma come sempre i giornalisti fanno a gara a chi sembra più sorpreso e indignato.
Non possiamo trovarci in una situazione in cui chi minaccia la sicurezza nazionale, o che viene in Gran Bretagna e commette crimini seri, possa citare la carta dei diritti umani a proprio favore, nel momento in cui non è affatto preoccupato dei diritti altrui.
Secondo quella gran capoccia di Cameron, insomma, le regole non sono mai troppe e se in più ci mettiamo che qualche straniero va nella gloriosa Britannia solo per delinquere, la falla sta nei troppi diritti di cui i suddetti stranieri abuserebbero una volta colti in fallo. Dev’essere proprio una schifezza questa legge britannica per cui uno che taglia la testa a un altro può appellarsi allo Human Rights Act, il documento “figlio” della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Si vede che anche loro fanno scrivere le leggi a Calderoli. Che fare allora? Ovviamente far riscrivere l’Atto ai conservatori! Con questa mossa Cameron vuole principalmente recuperare terreno nei confronti dell’UKIP che, come ogni partito xenofobo che si rispetti, rosicchia sempre un sacco di consensi alla destra “moderata”.
Sempre secondo Cameron:
La nuova legislazione britannica deve chiaramente stabilire i diritti delle persone e al contempo dare più forza alle autorità per combattere il crimine e il terrorismo […] Deve dire chiaramente quali sono i doveri e le responsabilità in questo Paese, sia per i cittadini sia per gli stranieri (ndr: il Regno Unito è la meta preferita dai giovani italiani, ricordatevelo quando vi verrà in mente di copiare il modello britannico)
In questo contesto è emblematica la lezione scozzese al governo fortemente centralista di Londra. Al referendum sull’indipendenza, infatti, avevano diritto di voto tutti i residenti sopra i 16 anni, inclusi quelli col passaporto europeo, britannico o di un Paese facente parte del Commonwealth. Benché fosse circoscritto ad alcune cittadinanze, il principio di base era che non importa da dove vieni, ma dove ti trovi e di quale comunità fai parte in un dato momento della tua vita. Ritengo non sia un caso che proprio i promotori del “sì” avessero l’atteggiamento più liberale nei confronti dell’immigrazione, questo anche al netto delle necessità strettamente demografiche del Paese.
Non ho invece alcun dubbio sul fatto che Cameron rappresenti un passato fallimentare, quello che oppone all’economia globalizzata una società chiusa e possibilmente impaurita, e perciò infinitamente più facile da controllare e, nel caso, reprimere. Si può uscire dalla crisi internazionale perpetrando il sistema che l’ha generata? Non credo. Quello di cui abbiamo bisogno, ora più che mai, è una società dinamica, decentralizzata, in cui la libertà degli individui sia infinitamente più importante della libertà del mercato e non sia costantemente sacrificata sull’altare della sicurezza nazionale.