“In questi tempi di guerra non deve essere un crimine parlare di pace”. Cosi recita un passaggio del libro ‘Lettere contro la guerra’ di Tiziano Terzani. No, non deve essere un crimine. Il crimine è la guerra. E, per quanto possa essere banale dirlo, voglio ripeterlo. Il crimine è la guerra. Tutte le guerre. Anche, e soprattutto, quelle travestite da ‘missioni di pace’. Faccio fatica a pensare alla pace imbracciando un mitra.
Io sono convinto che l’odio generi odio, che la violenza generi violenza. Che l’intolleranza generi intolleranza. Che l’arroganza generi arroganza. E cos’è, se non arroganza, la volontà degli Stati Uniti e dell’Occidente in generale, di imporre la propria ‘civiltà’ a tutto il mondo? Cos’è, se non arroganza, l’imposizione di un governo in Afghanistan sotto il controllo occidentale? Qualcuno ha per caso chiesto agli afghani quello che loro vogliono per loro e per i propri figli?
E poi, siamo proprio sicuri che la ‘civiltà’ sia la nostra? Quella che si affanna a spendere miliardi per la produzione bellica? Esiste un diritto fondamentale dell’uomo, quello dell’integrità culturale. Come possiamo pretendere di imporre la nostra cultura ad altri?
E non si può giustificare ogni guerra con la scusa del terrorismo. Ci sono tanti tipi di terrorismo. C’è il terrorismo dell’attentato alle Torri Gemelle. C’è il terrorismo di Israele in Palestina. C’è il terrorismo delle multinazionali in Africa. Cosa facciamo, una guerra per ognuno di questi? O facciamo solo le guerre che convengono agli Stati Uniti? In barba a tutte le risoluzioni ONU, solo perché l’interesse nazionale americano deve prevalere su ogni altro principio?
No, non è questa la strada. Non si può mettere fine a una guerra con un’altra guerra. Dall’occupazione degli USA in Medio-Oriente è scaturito l’11 Settembre, dall’11 Settembre è scaturita la guerra in Afghanistan e in Iraq, da queste guerre aumenta l’odio verso l’Occidente, fino al prossimo attentato. E il ciclo riprende. In guerra non ci sono vinti e vincitori. In guerra ci sono morti. E basta. Dov’è la civiltà in tutto questo?
Non è civiltà, non è umanità, fomentare odio, fanatismo per rendere giusta una guerra agli occhi della gente. Una guerra non è mai giusta. Non è umanità, non è civiltà giustificare i morti di una guerra con la scusa del ‘ricordatevi l’11 Settembre’. Le vittime della guerra scaturita da quell’attentato erano per il 90% civili. Uomini, donne e bambini. Come nelle Torri. E per me le loro vite hanno lo stesso valore.
Uomini, donne, bambini. Con tutte queste guerre abbiamo ucciso futuri poeti, calciatori, artisti, scienziati. Abbiamo ucciso infanzie, maternità, sorrisi. Ma non ce lo diranno mai in questo modo. Ci rifilano menzogne giorno dopo giorno sulla necessità della guerra. Le paure, le gioie delle persone sono uguali, in ogni parte del mondo. Il sangue dei civili dilaniati dalle bombe è rosso per tutti. Ma è più facile proporre un nemico comune, è più facile instillare l’odio per una cultura piuttosto che comprenderla. Si fa la guerra senza capire i motivi che l’hanno generata. E fin quando il metro di giudizio sarà quello del profitto, del petrolio e del denaro si rimarrà chiusi nel proprio mondo. Dal quale non conviene uscire perché altrimenti verrebbero a cadere l’odio e la paura che tiene in piedi la nostra ‘morale’.
Cercano di spersonalizzare le morti, tentano di nasconderli. E l’uomo è troppo concentrato su se stesso per pensare di avere una coscienza. Per indignarsi e commuoversi. Per capire che le frontiere e i confini, che saranno sempre e solo politici ma mai spirituali, sono i più grandi assassini della storia. E, per questo, non mi stancherò mai di ripeterlo, la bandiera della pace dovrebbe sventolare sempre prima delle bandiere nazionali.
E la colpa è anche la nostra. Perché le bombe che cadono, i proiettili che trafiggono sono i nostri. Siamo noi che li compriamo. È come se sparassimo noi in prima persona. Diceva De Andrè, ‘Per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti’. Niente di più vero. E se, nonostante tutto, avete deciso di non fare niente, allora immaginatevi in Afghanistan. Immaginate di puntare un fucile alla testa di un bambino. Ora chiudete gli occhi. E sparate.