In questa settimana Vinicio Capossela, cantautore, polistrumentista e persino scrittore, ha compiuto 49 anni.
Nasce ad Hannover, in Germania, da genitori irpini, della provincia di Avellino.
Appassionato di “tasti”, inizia a suonare nei circoli arci dell’Emilia Romagna fino ad essere notato da Francesco Guccini, che lo fa conoscere al “grande pubblico” proponendolo al Club Tenco.
Da lì tutta ascesa. Bravura e ascesa. Canzoni impegnate, confidenziali, sentimentali, allegre, da paese, da sagra o da veglione. Capolavori amari e senza tempo, personaggi veri, letterari, inventati, storie di vita. La passione per gli scrittori russi, per la cultura greca, per il sud Italia, per il vino, per le atmosfere circensi, per la poesia, per marinai, profeti e balene, per gli animali mitologici.
Vinicio Capossela è tutto questo. Per molti è un genio, per altri uno che copia qua e la, per molti un maestro, per altri “uno che non sa nemmeno scrivere”.
Vinicio piace o non piace.
Per me è un grande. Sono un suo fan, un discepolo a sua insaputa. Mi fa saltare, mi fa riflettere, mi fa piangere.
E per me va bene così.