Che ce lo aspettassimo o no, la tanto sospirata uscita di Pippo Civati dal Partito Democratico ha messo in subbuglio tutto il mondo della sinistra italiana, parlamentare e non.
Era il passo che tutti aspettavano. Già da tempo si era radicata la consapevolezza che l’attuale assetto della sinistra alternativa a Renzi (ma potremmo dire sinistra e basta) non abbia alcun futuro politico. Eppure niente riusciva a sferzare questo consapevole immobilismo. Il problema era chiaro, ma nessuno aveva una soluzione.
E poi qualche giorno fa Civati ha deciso di dire addio al PD e si è calato nei panni di motore immobile del quadro politico. Il nuovo soggetto a sinistra dei democratici, il cui eco già da tempo si udiva nel vento, sembra quindi essere in procinto di nascere. Diversi leader si sono detti da subito disponibili a partecipare, primo tra tutti Nichi Vendola, dichiaratosi pronto a mettere in discussione l’attuale assetto di SEL. Sembra che comunque se ne riparli quest’estate, intanto la testa è alle regionali.Ma le prime domande sul futuro non possono fare a meno di nascere: Che forma avrà questo nuovo soggetto politico? E soprattutto, che capacità elettorale sarà in grado di esercitare?
Quel che però ci sarebbe da augurarsi, è che il l’ex democratico non incappasse “nell’alfanata“. Verrebbe infatti logico aspettarsi la creazione di un partito sullo stampo del PD pre-rottamazione, che si differenzi dal nuovo per metodo e merito. Nel primo per un criterio di selezione della classe dirigente e di gestione del partito diverso da quello autocratico del Rottamatore, nel secondo per un DNA di limpida sinistra progressista con ambizioni di governo. Insomma un’alternativa a Renzi su tutti i fronti. Eppure del tutto simile a quello che Alfano fece con Berlusconi: Raggruppato un manipolo di vecchi esponenti del centro destra (gente come Schifani, Lupi ecc) ha fondato il suo partito di alternativa.
Insomma quello che auspico di non vedere mai, è un NCS (Nuovo Centro Sinistra).
E i risultati di Alfano parlano chiaro, oltre il 4% è difficile andare. Ma anche raggiungendo percentuali un poco superiori, con l’Italicum appena approvato sarebbe impossibile aspirare ad avere un qualsiasi peso nella formazione del governo. Ma anche le vecchie ricette della sinistra radicale non hanno mai fruttato cospicui risultati elettorali. L’esempio più lampante è stata la Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. In conclusione, come può nascere una sinistra di rilievo con aspirazioni a lungo termine?
Qualcuno direbbe che è impossibile. Eppure per contrastare il partito della nazione 2.0 (che puzza inevitabilmente di balena bianca) forse qualcosa si può fare. L’ostacolo principale risiede nella “forma partito” . Con gli equilibri che attualmente fanno girare la politica italiana probabilmente non esiste lo spazio perché un partito, con forma e struttura simili a quelle degli altri, possa ambire alla rilevanza. Però un’identità completamente fuori dagli schemi, un’esistenza nuova, un sospiro di futuro, potrebbe inserire nel gioco variabili ora assenti ed impensabili e sovvertire l’assetto attuale.
Per immaginare una forza del genere non dobbiamo che affondare nella storia della Prima Repubblica, quando l’unica formazione in grado di rivaleggiare con il partito della nazione, era il partito comunista. E questo è avvenuto perché il PC, più di tutti, è riuscito a creare un popolo e a dargli un cultura. Esso non aveva la sola pretesa di governare il paese in un modo piuttosto che in un altro, ma traspirava un’idea diversa di esistenza, un sogno per un mondo da cambiare. Dava una voce a quanti sentivano che c’era qualcosa di tremendamente ingiusto nella società. Non un’idea frutto del partito, ma il partito frutto di un’idea. E quell’idea, tanto grande e rivoluzionaria, nel suo organizzarsi, ha dato origine all’apparato politico più grande d’Europa. Ma ancora di più, intorno al partito, ha creato una cultura. Perché quando c’è un grande sogno da vivere tutti insieme, quando questo sogno ci tocca intimamente, ci eleva, ci fa sperare, gli doniamo fino all’ultimo frammento di cuore.
E quell’idea, quella cultura, non hanno donato all’Italia solo politici o statisti, ma anche scrittori, poeti, artisti, musicisti, cantanti, registi e uomini dediti alle passioni più disparate. Quel sogno poi è stato affossato dalla sua stessa origine. Ma quel modello di “cultura politica e politica culturale ” può essere riscoperto, con tutti gli attributi che la modernità esige. Insomma una nuova anima della sinistra italiana. Non solo aspirazioni di governo, ma identità ideologica dell’essere.
E in questa nostra Italia esiste ancora un patrimonio di sogni, speranze ed ideali che l’assetto politico della Seconda Repubblica ha lasciato in cantina. Esso si sfoga adesso nelle proteste dei ragazzi che occupano le scuole, nelle associazioni culturali, nell’ambientalismo, nelle miriadi di movimenti. È disorganizzato, sparpagliato, senza una guida, senza un canale per irrompere in maniera determinante nella società.
La cultura è tacita, gode di se stessa e non si preoccupa della politica.
Questo potrebbe essere la responsabilità storica sulle spalle di Civati. Abbandonare la creazione del proprio piccolo partito in favore della riunificazione in Italia della cultura della sinistra, a cui dare poi un riferimento politico da presentare alle urne. E la base da cui partire è proprio sotto i nostri occhi, nella società civile, sparpagliata e inconsapevole della propria forza. E l’abbiamo visto, quando questa energia dissipata nella nostra penisola viene incanalata con successo, siamo in grado di generare fenomeni politici di levatura mondiale.
È finito il tempo di presentare nuove forze politiche all’opinione pubblica, sperando che piacciano. È giunto il momento di organizzare e coniugare l’opinione progressista in un popolo. Affinché esso sia non solo concorrente dell’attuale scena politica, ma inesauribile coefficiente di futuro per le generazioni che verranno.