Emiliano in Puglia, De Luca in Campania, Rossi in Toscana, Marini in Umbria, Ceriscioli nelle Marche. Cinque regioni al centro-sinistra contro le due al centro-destra: Toti in Liguria e Zaia in Veneto. A prima vista potrebbe sembrare una vittoria per la sinistra. Potrebbe. Perché dipende di quale sinistra stiamo parlando. A prima vista potrebbe sembrare una vittoria di Renzi. Potrebbe. Ma non lo è.
E il motivo è molto semplice. Partiamo dai vincitori. Michele Emiliano, che meno di un mese fa diceva: “In Puglia è stata costituita una coalizione che interpreta lo spirito migliore e autentico del centrosinistra. Molto diverso da quella alleanza anomala che a Roma sostiene il governo”. Per non parlare del suo totale disaccordo sulla riforma della scuola. O dello scontro con il premier a seguito dell’autorizzazione all’approdo concessa dal governo al gasdotto a Melendugno. Insomma, non si può certo dire che Emiliano e Renzi siano amici.
Enrico Rossi, suo storico oppositore, con cui c’è stata solo una parziale riconciliazione, rappresenta un modo di vivere la politica diametralmente opposto a quello di Renzi, ha presentato un programma politico che mette in evidenza una visione del mondo e, soprattutto, della sinistra, che nulla ha a che vedere con quella di Renzi. Vincenzo De Luca, inserito nella lista degli impresentabili della Commissione Parlamentare Antimafia, che Renzi ha dovuto appoggiare un po’ storcendo il naso. Catiuscia Marini, che ha vinto in Umbria, ma per un soffio.
Ma se non bastasse vedere i vincitori, si possono sempre guardare i vinti. Le due candidate renziane, la Paita in Liguria e la Moretti in Veneto, hanno perso, e di molto anche. Conseguenze di spaccature interne di partito, che la svolta autoritaria di Renzi ha provocato. Il teatrino fatto di belle parole, di slogan, inizia a sgretolarsi. La sicurezza ostentata inizia a trasformarsi in clamorosi autogol, come quello della Moretti, che il 29 Maggio twittava: “Sono convinta che alle regionali faremo un 7-0 e quello del Veneto sarà il golden goal”.
L’incanto del renzismo sta per finire. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, ora. Non si cerchino alibi. Non si diano colpe a ‘quella sinistra, migliore alleata di Berlusconi’. I migliori alleati di Berlusconi sono le primarie truccate, i candidati impresentabili, le alleanze vergognose. La migliore alleata è la logica che pur di arrivare al potere bisogna accettare tutto. Che l’utilità viene prima dell’ideale. Che ad essa, si può sacrificare anche ciò che non è sacrificabile. Che bisogna adeguarsi.
Ma adeguare a che cosa, santa Madonna? Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo. Meglio allora il partito non adeguato e poco moderno. Meglio il nostro vecchio partito clandestino, senza sedi al neon, senza segretarie dalle gambe lunghe e dalle unghie ultralaccate… Dobbiamo tagliarci il bubbone da soli e subito. Non basta il borotalco a guarire una piaga. Ci sono i ladri, gli imbroglioni? Bene, facciamo i nomi e affidiamoli al magistrato.
diceva Pertini.
No, non basta un po’ di borotalco. Perché non si scende a patti quando si tratta della questione morale.
Perché la questione morale, come diceva Berlinguer, è il centro del problema italiano. Chissà perché, a questo giro, l’ex-segretario del PCI non se l’è ricordato nessuno.