La minaccia all’identità della sinistra non consiste solo nella deriva blairista alla New Labour, che ha trasformato i più importanti partiti socialisti (e, nel caso italiano, comunisti) d’Europa nell’altra spalla del neoliberismo. C’è anche una tendenza opposta, non meno preoccupante: l’appropriazione da parte della destra di importanti porzioni del nostro patrimonio storico, politico e culturale, auto-definitosi “rossobrunismo“.
L’esempio lampante di questo processo, almeno in Italia, è Diego Fusaro. Questo telegenico “allievo indipendente di Hegel e Marx”, non a caso apprezzato da Salvini, dietro un’apparenza di imparzialità benedice le sortite xenofobe, sovraniste e oscurantiste della destra italiana con un armamentario ideologico mutuato direttamente da Marx e Gramsci. E così la chiusura delle frontiere diventa contrasto alla concorrenza al ribasso tra i lavoratori, la retorica anti-europeista sui “burocrati” di Bruxelles si ammanta di un’aura ribelle nei confronti del turbo-capitalismo finanziario. Persino un grottesco nonsense come la “libertà di scelta vaccinale” (che sarebbe poi la libertà di far circolare malattie) diventa un atto di rivolta contro le multinazionali del farmaco. Insomma, un grosso calderone in cui gettare roba di ogni tipo.
Ma non attribuiamo a Fusaro un peso eccessivo: molti altri gruppuscoli fascisti stanno compiendo operazioni simili, come Forza Nuova che si scopre chavista e CasaPound che apprezza Che Guevara. Fuori dall’Italia operazioni analoghe vengono svolte con altrettanta solerzia, specie in Francia dal Front National. Il problema serio è che queste hanno sempre più successo, anche indirettamente: in certi settori della sinistra radicale, quelli filo-Putin e attratti dal comunismo cinese e nord-coreano, prendono sempre più piede posizioni pericolosamente simili, in sostanza, a quelle di cui sopra. Ovviamente nessuno a sinistra (nemmeno in quella sinistra) si sognerebbe mai un’alleanza con CasaPound o Salvini e viceversa. Tuttavia sta di fatto che sul piano culturale e su quello della proposta politica c’è sempre un maggiore avvicinamento.
Ebbene, sarebbe un fatto gravissimo se questo sfondamento ideologico da destra avesse successo. Infatti conviene a molti che vada in porto la c.d. operazione rossobrunista. Ai fascisti, che possono rifarsi una verginità dopo decenni di sacrosanta emarginazione. Ma conviene anche agli estremisti di centro entusiasti di questa globalizzazione disumana e sfruttatrice, perché possono avvalorare quella tesi folle secondo cui oggi non ci siano più destra e sinistra, ma solo globalisti e sovranisti (ovviamente i primi amanti della libertà, della democrazia e dei diritti umani, i secondi intolleranti e amici dei dittatori). Insomma, conviene a tutti meno che alla Sinistra.
Il perché è presto detto: il socialismo è critica razionale dell’esistente, con lo scopo di cancellare ogni gerarchia e forma di sfruttamento. È un ruolo storico progressista, il nostro. E non ci stiamo a dover scegliere tra il finto benessere del capitalismo globale e la violenza di chi vuole rinchiudersi nel proprio Stato-nazione, rigettando tutto il resto come un corpo estraneo da eliminare. La nostra è la terza via che vuole far entrare la democrazia nelle aziende e nella società, dando ai lavoratori il potere di autogestirsi. È la terza via che vuole un’altra globalizzazione in cui le barriere nazionali vengano sì abbattute, ma in nome dei diritti sociali. È la terza via che non si accontenta di riformare l’esistente. Noi vogliamo superarlo, ma non berciando slogan reazionari spacciati per rivoluzionari. La sinistra deve stare dalla parte della ragione, in tempi nei quali la politica ha perso il lume della saggezza.