Lo ammetto, sono di parte. Sono di parte perché mio padre, quando io ero piccolissimo, per farmi addormentare, come ninnananna mi cantava ‘Bella Ciao’.
Sono di parte perché mio nonno ha combattuto in guerra. È stato valoroso e fortunato, perché è tornato vivo a casa. E ha potuto raccontare quali sono stati gli orrori della guerra, quali sono stati gli orrori del fascismo, qual è stato il cinismo di un uomo che per la sua vanagloria ha mandato a morire milioni di figli, padri e fratelli male armati, senza equipaggiamenti adeguati, spesso con solo dei bastoni al posto dei fucili.
Sono di parte perché, come diceva Gramsci, ‘io odio gli indifferenti. […] Vivo, sono partigiano. Perché odio chi non parteggia”. Ed è per questo che mi fanno sorridere coloro che in tutto il periodo che precede questa giornata memorabile si prodigano nel rimarcare le efferatezze compiute dai partigiani. Mi fanno sorridere perché dimenticano che si trattava di una guerra. Si trattava dell’esasperazione di 23 anni di dittatura, di restrizioni continue della libertà, della fame costante, dei soprusi, delle angherie, dei pestaggi.
Con questo non si vuole giustificare la violenza. Si tratta solo di capire un periodo storico nella sua totalità. Di capire che migliaia di ragazzi e ragazze italiani hanno dovuto scegliere da quale parte della storia stare. E si sono assunti la responsabilità di farlo. Hanno scelto di stare dalla parte della libertà. Dalla parte dell’Italia.
È per questo che chiunque utilizzi questa becera propaganda, inventandosi che il 25 aprile è una festa divisiva è disonesto intellettualmente. Perché dimentica le dinamiche di una crisi sociale e di una guerra che non solo non ha mai vissuto, ma non ha nemmeno mai studiato. Non solo. È anche un vigliacco, perché si limita a sparare sentenze su tanti giovani che hanno messo a rischio la loro vita per dare la libertà a questo Paese, mentre se ne sta seduto comodo sulla sua poltrona a godere dei loro sacrifici.
Già, sacrifici. Perché loro sono rimasti a combattere per l’Italia, non hanno provato a fuggire come dei conigli vestiti da tedeschi.
Il 25 aprile è una festa di tutti gli italiani, quelli veri. Perché il 25 aprile è la data che fa da spartiacque tra ciò che c’era prima e ciò che è venuto dopo. È lo spartiacque tra l’uccisione di Giacomo Matteotti e l’incarcerazione di Antonio Gramsci e di tutti i dissenzienti, e le libertà civili di cui godono oggi coloro che accusano i partigiani. È lo spartiacque tra i pestaggi squadristi e la libertà di opinione di chi oggi dice che è una festa divisiva.
Il 25 aprile è storia di lotta. È storia di resistenza. Resistenza e lotta che è necessaria anche oggi più che mai, contro rigurgiti fascisti che vorrebbero rientrare in quella storia da cui sono stati cacciati a calci.
Il 25 aprile è divisivo solo per chi è contro la libertà. Se volete farvi da parte, fate pure. E non illudetevi. Siamo molti più di voi. Noi continueremo a lottare, a resistere, a cantare ‘Bella Ciao’. Perché noi siamo di parte. La parte giusta della storia.
Buon 25 aprile di lotta e resistenza. A te, nonno. A te, papà.