“Quando non so come decidere mi ispiro a una frase di Berlinguer, essere fedeli agli ideali della propria gioventù. I diritti del lavoro vanno modernizzati, ma devono restare in piedi”
(Pierluigi Bersani, 21 marzo 2012, Porta a Porta)
La situazione deve essere proprio disperata per il Partito Democratico, se il suo segretario, a Porta a Porta, nel tempio dell’ipocrisia democristiana per vent’anni al servizio del berlusconismo, ha finanche rispolverato una famosa frase di Enrico Berlinguer. Il riferimento al leader politico più amato della Prima Repubblica (e prepotentemente tornato di moda, tanto che oramai tutti se ne riempiono la bocca) è chiaramente un tentativo (parecchio maldestro) di fare affidamento su quello che è rimasto della vecchia identità per cercare di mantenere un minimo di consenso e non lasciarsi spazzare via dall’ira funesta dei militanti.
Il punto è che della vecchia identità non è rimasto proprio un bel niente, a partire dagli ideali, che non sono certo quelli dell’abolizione della proprietà privata, come si ostina a millantare qualche idiota cresciuto alla scuola politica del nuovismo senza capo né coda dei rottamatori. Per usare, correttamente, le parole di Berlinguer:
“Quali furono infatti gli obiettivi per cui è sorto il movimento per il socialismo? L’obiettivo del superamento di ogni sfruttamento e di oppressione dell’uomo sull’uomo, di una classe sulle altre, di una razza sull’altra, del sesso maschile su quello femminile, di una nazione su altre nazioni. E poi: la pace fra i popoli, il progressivo avvicinamento fra governanti e governati, la fine di ogni discriminazione nell’accesso al sapere e alla cultura. Ebbene, se guardiamo alla realtà del mondo d’oggi chi potrebbe dire che questi obiettivi non sono più validi? Tante incrostazioni ideologiche (anche del marxismo) noi le abbiamo superate. Ma i motivi, le ragioni profonde, le ragioni profonde della nostra esistenza quelle no, quelle ci sono sempre e ci inducono ad una sempre più incisiva azione in Italia e nel mondo.”
Sì, perché per altro se si cita Berlinguer, sarebbe opportuno citarlo per intero, e non a metà; dice infatti Enrico, rispondendo ad un giornalista che gli chiedeva se si sentiva cambiato rispetto al passato:
“Da questo punto di vista non mi è accaduto, e questa la considero la più grande fortuna della mia vita, di seguire quella famosa legge per la quale si è rivoluzionari a 18, 20 anni e poi si diventa via via liberali, conservatori e reazionari. Io conservo i miei ideali di allora.”
Ecco, con tutto il rispetto per Bersani & company, ci pare che quella famosa legge l’abbiano seguita in pieno, altro che essere rimasti agli ideali di gioventù. A meno che, appunto, gli ideali di gioventù non fossero quelli liberisti di Monti, come ha ironizzato qualcuno.
Ha ragione Mario Benedetti, il meccanico di Berlinguer, quando dice che “Tutti citano Berlinguer, ma nessuno lo mette in pratica.“
Forse il segretario del PD dovrebbe citare di meno e praticare di più, se non altro non contribuirebbe a fare infuriare il suo elettorato (basta farsi un giro per la sua bacheca fb per vedere cosa ne pensano i più del suo riferimento ad Enrico). Soprattutto mettere in pratica quella perla contenuta nell’intervista a Scalfari:
“Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire.“
Caro Bersani, insomma: su Berlinguer citare di meno e praticare di più. La figura (e il risultato) saranno certamente migliori, fidati.