“Agguato Omicida al Compagno La Torre“, così titolava in prima pagina l’Unità 30 anni fa. Pio La Torre, l’uomo delle battaglie per la pace in Sicilia contro gli euromissili a Comiso; Pio La Torre, l’uomo che combatteva la mafia sin dai tempi della scuola e che ha dato i natali a quella famosa legge che soltanto l’omicidio del generale Dalla Chiesa ne permetterà l’approvazione: la legge Rognoni-La Torre, appunto, che introdusse per la prima volta il reato di associazione criminale di stampo mafioso.
Pio La Torre, il parlamentare comunista spiato dai servizi segreti fino al giorno prima della sua morte e poi, casualmente, lasciato perdere proprio quel maledetto 30 aprile di 30 anni fa in cui fu barbaramente ammazzato. A proposito di privacy, intercettazioni e di pezzi di Stato infedeli. Se poi pensi che dopo 30 anni in Sicilia non si è fatto un solo passo avanti, anzi, forse se n’è fatto qualcuno indietro, allora ti chiedi a che cosa sia morto a fare Pio La Torre, se questi sono i risultati.
L’esempio, ah già. L’esempio per noi giovani. O meglio, dei giovani con passione e disinteressati, a cui non frega nulla della poltrona, della visibilità, del successo. I giovani che per tutte queste ragioni saranno scalzati dai furbi, dagli arroganti, dai prepotenti, dai figli di, così ben accreditati presso certi salotti e certe stanze dei bottoni.
Emanuele Macaluso racconta che il giorno prima della sua morte La Torre lo volle incontrare a Roma, sul lungotevere. Gli disse: “Devi dire al compagno Berlinguer… che come si stanno svolgendo le uccisioni della mafia… c’è un piano. E in questo piano rientriamo anche noi. Il prossimo ad essere ucciso sarà uno di noi.” Non riuscirà mai a riferire in tempo quelle parole.
Quello di trent’anni fa, tuttavia, non fu il primo inizio di maggio insanguinato della storia d’Italia: già nel 1947, sempre in Sicilia, a Portella delle Ginestre, si consumò la prima strage d’Italia. Subito dopo il successo delle Sinistre in Sicilia, alla festa dei lavoratori cadono 11 persone e si contano moltissimi feriti. Gli esecutori materiali della strage sono il bandito Giuliano con i suoi uomini. Giuliano verrà ucciso 3 anni dopo, mentre suo cugino, Gaspare Pisciotta (che lo ha venduto ai carabinieri) verrà avvelenato in carcere dopo aver promesso importanti rivelazioni sui mandanti della strage.
In quel periodo ministro degli interni pro-tempore era un giovane democristiano. Si chiamava Giulio Andreotti. Condannato (ma prescritto) per mafia quasi 60 anni dopo. E’ la mafia, bellezza.