E se tutto questo, un giorno, finisse?
Se finisse il tempo del grande fratello, di amici, di X factor, delle televendite, dei canali dedicati alle televendite, del polo televisivo che copia il polo concorrente, dei format, dei “contenitori”, dei personaggi pagati per non far nulla, degli opinionisti, degli artisti mediocri, delle radio commerciali, dei calciatori ricchi, dei suv, dei condoni, degli appalti truccati, delle tangenti, dei politici farlocchi, dei voti regalati, dei politici che controllano i media, dei media, dei giornali di partito, delle radio di partito, delle tv di partito, della moda del momento, dei miracoli di santi e santoni, dei pellegrinaggi a Medjugorje, delle offerte telefoniche, della benzina che aumenta ma non diminuisce, della crisi, della cinghia stretta, del lavoro a tempo determinato, della p2, p3, p4, della Seconda Repubblica, della Merkel, delle strategie di mercato, dei manager, dei sondaggi televisivi, delle accise, dell’antipolitica, dei suicidi, degli attentati, dei Trota, dei bamboccioni, delle Borse, delle banche, dei ladri, dei furbetti, dei “mi sono fatto da solo”, degli affiliati, degli amici di amici, delle veline…
Se finisse il tempo degli ignoranti, dei non curanti, di quelli che non ci sperano, di quelli che non ci provano nemmeno, dei copioni, dei finti attori, di quelli che ti ostacolano in nome di qualcosa, di quelli che dicono che le ideologie non esistono, di quelli che vedono nel denaro l’unico obbiettivo di vita, di quelli che “contano”, dei falsi eroi…
Cosa succederebbe?
Saremmo pronti?
Forse siamo troppo abituati a tutto ciò, ormai è qualcosa di nostro, qualcosa che scorre nelle nostre vene. È la nostra vita comune.
Il malcontento sociale degli ultimi tempi vede come via necessaria il cambiamento: il cambiamento politico, economico e sociale. In Italia il berlusconismo sta scomparendo sotto gli effetti dell’antipolitica, della crisi, e sta venendo meno il concetto di società che piano piano si è costruito intorno a noi negli ultimi venti anni. Ci hanno fatto mangiare tv, false speranze e sorrisi rassicuranti.
E noi, essendo ciò che mangiamo, siamo diventati il prodotto di questo progetto di rincoglionimento totale.
Adesso, però, ricercare il cambiamento, vuol dire allontanarsi da tutto questo: essere più onesti intellettualmente, creare un’unità nazionale, un’ “intimità” tra persone che non può più essere volta a fregare il prossimo tirando l’acqua al proprio mulino.
Se no si rischia di fare lo stesso errore – guarda caso – di vent’anni fa, col passaggio dalla prima alla seconda Repubblica: passare dal vecchio al vecchio. Da Craxi a Berlusconi. Da Andreotti a Monti.
Tutti i politici, forse per difendersi o forse come ammissione inconscia della propria ignoranza, dicono che ormai le ideologie non esistono più.
Effettivamente un individuo spinto da un’ideologia sarebbe troppo capace di ragionare da solo, distinguendo ciò che è giusto da ciò che è sbagliato: sarebbe persino capace di mandare a quel paese un rappresentante incapace, sarebbe in grado di opporsi ad un governo non eletto da nessuno, a comici politicanti che insinuano che la mafia non uccide, a radical chic democratici pieni di contraddizioni, a liberisti e liberali interessati a se stessi, a secessionisti ciarlatani e a cattolici che non accettano la laicità dello Stato.
Perchè le ideologie, gli ideali, le idee, sono la base del cambiamento.
“Un’idea, un concetto, un’idea finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione” (G. Gaber)
in Virginia il Signor Brown era un uomo antirazzista un giorno sua figlia sposo’ un uomo di colore lui disse bene ma non era di buon umore