Berlusconi si prepara alla sua ennesima resurrezione, instancabile, prova ancora a divertire il pubblico con le sue dichiarazioni, così come faceva sulle navi da crociera. Peccato che oggi le sue parole non facciano affatto ridere, tutt’altro, specie alla luce degli effetti di 20 anni di berlusconismo, che han portato i cittadini sempre più lontani dalla politica.
D’altronde non c’eravamo certo illusi che il biscione sarebbe scomparso nel nulla!
Ne abbiamo già parlato e, in fondo, ha sempre fatto così: sollevare un polverone, mandare l’Italia sul baratro, sparire nel nulla, riapparire come salvatore della società, unica salvezza contro i nemici che ci han portato sul baratro (chi siano effettivamente tali nemici non importa: per il cavaliere mascarato sono sempre loro. I comunisti!)
Il tutto, naturalmente, accompagnato da elogi da parte dei suoi avversari che, dopo averlo seppellito, lo riesumano indicandolo come grande e unico possibile leader del centrodestra italiano contribuendo al progesso di creazione di autosstima del barzellettiere il quale, alla fine, inizia a convincersene anche lui e così BUM! Lazzaro risorge. (Forse in questo Bersani sarà un po’ più cauto, dopo aver imparato dai suoi illustri predecessori: Monsieur Bicamerale e Mr. Veltrusconi)
Ha ancora voglia di “continuare a essere il leader dei moderati finchè gli italiani lo vorranno e di lavorare ogni giorno, con tutte le mie forze, come ho sempre fatto, affinchè, terminata la fase comunque transitoria del governo Monti, un centrodestra in parte rinnovato e più ampio torni a guidare il paese”. Parole che si leggono in appendice al libro ‘L’onestà al potere” di Roberto Gelmini sui nove anni di governo di Milano di Gabriele Albertini.
“[La sconfitta a Milano] non ci ha fatto bene. Ma è stata soprattutto un sintomo di un clima politico generale che si andava deteriorando sempre più, non solo in Italia. Ricordo che, alle elezioni di medio termine, tutti i governi europei in carica hanno subito gravi sconfitte”. “La sinistra, quando vince, non scende a patti. Quando nel 2006 prevalsero per 24.000 voti alle elezioni politiche proponemmo un governo di unità nazionale per gestire il paese spaccato a metà. Non si peritarono neppure di rispondere. Per venire ai nostri giorni, pur avendo la maggioranza sia alla Camera che al Senato e senza essere stati mai sfiduciati dal Parlamento non abbiamo esitato a farci da parte perchè abbiamo ritenuto che questo sarebbe stato più conveniente per il paese al fine di consentire una larga convergenza di fronte all’emergenza. Questa è la differenza tra noi e loro. E infatti la proposta di Albertini per Milano [quella di un governo della città che abbracciasse moderati di destra e di sinistra], che aveva una logica, non ebbe seguito”.