“Lei non sa chi sono io“. A volte ci mettono anche il “tu”, al posto del “lei”, a dimostrazione della cafonaggine di chi la pronuncia. Ma chi è solito usare questa frase, facendosi forza del suo potere, che magari gli deriva da una carica pubblica, stia bene attento: è diventato reato.
Personalmente, la frase di cui sopra l’ho sentita ripetere spesso da fanfaroni politicanti da quattro soldi che hanno minacciato più volte di far chiudere il blog e il sito, di querelarmi e via discorrendo, per via di alcuni articoli critici nei loro confronti. I palloni gonfiati, però, si sgonfiano in fretta, tant’è che noi siamo ancora qui, vivi e vegeti (con buona pace di chi ce vo’ male).
Ora, però, quando qualche politicante da due soldi pronuncia la fatidica frase, potete querelarlo voi: la Cassazione ha infatti stabilito che l’espressione ha un contenuto in grado di limitare la “libertà psichica” altrui se scappa di bocca in un “contesto di alta tensione verbale”. Per questo la Suprema Corte ha deciso di annullare l’assoluzione di un signore di Salerno che aveva così inveito contro una conoscente, la signora Licia C., alla quale era legato da vecchia ruggine.